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STUDI GIURIDICO-PROFESSIONALI
Proprio in tale contesto è possibile rilevare come la genetica forense abbia
oramai affiancato la classica disciplina dattiloscopica nel campo della identifica-
zione personale e che grazie alla costante e rapida evoluzione scientifica e tec-
nologica è oggi possibile analizzare la variabilità umana a livelli sempre più
accurati e precisi.
Si è passati, quindi, dallo studio delle variabili fenotipiche e cioè delle
caratteristiche personali osservabili di un individuo come quelle facciali o la
forma delle orecchie, all’esame delle impronte digitali , fino a giungere all’ana-
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lisi dell’acido deossiribonucleico, il DNA, patrimonio genetico, unico, inconfondibi-
le ed immutabile di ogni persona.
L’evoluzione della genetica forense è stata così portata avanti grazie allo
studio delle variazioni genetiche umane a partire dagli inizi del ‘900 con la sco-
perta dei polimorfismi dei gruppi sanguigni AB0 , sebbene in un primo
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momento tale sistema fosse considerato utile unicamente per escludere la com-
patibilità biologica e quindi ai fini della cosiddetta prova di esclusione .
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Ma è soprattutto grazie al rapido sviluppo scientifico e tecnologico che si
è giunti nel corso del tempo a scoprire ed utilizzare sempre più nuove e precise
tecniche di analisi, tra le quali particolare attenzione e rilievo assume la prova
genetica del DNA, essendo evidente ictu oculi l’utilità spesso risolutiva che tale
analisi assume in ambito giudiziario, potendo essa risultare determinante non
solo per l’accertamento del fatto di reato, ma anche e soprattutto per indivi-
duarne il responsabile al fine di confermare il coinvolgimento di un soggetto o
al contrario scagionarlo .
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È chiaro che difficilmente tali informazioni potrebbero condurre in
maniera certa ed automatica ad un giudizio di colpevolezza, ma potrebbero
rivelarsi sufficienti ad escludere in maniera definitiva un soggetto dall’indagine
(11) - A. SPINELLA, R. BIONDO, Biologia forense, in M. PICOZZI, A. INTINI, op. cit., sez. III, Le scienze
forensi in laboratorio, cap. 16, pag. 269.
(12) - Tale scoperta si deve a K. LANDSTEINER.
(13) - Si legge, difatti, che “la scarsa informatività di questo sistema (limitato numero di varianti in grado di
discriminare gli individui) li ha resi utili soltanto per escludere la compatibilità biologica (prova di esclusio-
ne)”, da A. SPINELLA, R. BIONDO, op. cit.
(14) - D. VIGONI, Corte Costituzionale, prelievo ematico coattivo e test del DNA, in RIVISTA ITALIANA DI
DIRITTO E PROCEDURA PENALE, fasc. 4, 1996.
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