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LO SCIOGLIMENTO DEGLI ENTI LOCALI PER INFILTRAZIONE MAFIOSA
- mancata costituzione di parte civile del Comune in processi penali a
carico di esponenti della criminalità organizzata locale;
- concessione di contributi a soggetti affiliati e/o vicini a sodalizi crimi-
nali o mafiosi.
La norma richiede, infine, come elemento necessario a giustificare lo scio-
glimento dell’ente locale, l’accertamento dell’esistenza di un’associazione crimi-
nale di cui all’art. 416 bis del codice penale. Tuttavia, la giurisprudenza ha più
volte precisato che, essendo l’art. 143 T.U.E.L. “preordinato alla difesa preven-
tiva da un fenomeno criminale peculiare, invasivo delle articolazioni della vita
economica e sociale, non richiede, per la sua applicazione né che i fatti consi-
derati si traducano necessariamente in fattispecie delittuose né che, in ordine ad
essi, sia raggiunta la certezza probatoria, essendo sufficiente che gli elementi
raccolti siano, da un lato, significativi di un condizionamento dell’attività degli
organi di amministrazione, dall’altro, che tale condizionamento si ricolleghi
all’influenza di gruppi di criminalità mafiosa o camorristica” .
(2)
Ciò significa che se da un lato gli elementi presi in considerazione non devo-
no necessariamente avere rilevanza penale , dall’altro non è sufficiente la notoria
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presenza della criminalità organizzata sul territorio. Per cui, pur nell’ampio apprez-
zamento discrezionale riconosciuto all’Amministrazione, che può dare peso anche
a situazioni non traducibili in addebiti penali, occorre individuare un quid pluris che
vada al di là della commissione di atti amministrativi illegittimi o penalmente rile-
vanti, sostanziandosi in condotte, attive od omissive, condizionate dalla criminalità
organizzata operante nello specifico contesto territoriale considerato.
(2) - Vedi Cons. Stato, Sez. VI, 5 ottobre 2006, n. 5948.
(3) - Come chiarito dalla consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato (Cons. Stato, Sez. V, 2
ottobre 2000, n. 5225; Cons. Stato, Sez. IV, 4 febbraio 2003, n. 562; Cons. Stato, Sez. V, 14
maggio 2003, n. 2590; Cons. Stato, Sez. V, 18 marzo 2004, n. 1425; Cons. Stato, Sez. IV, 6 apri-
le 2005, n. 1573; Cons. Stato, Sez. V, 20 ottobre 2005, n. 5878; Cons. Stato, Sez. IV, 19 giugno
2006, n. 3612; Cons. Stato Sez. VI, 17 gennaio 2011, n. 227; Cons. Stato, Sez. III, 6 marzo
2012, n. 1266), la genericità del disposto normativo indica che la norma considera, per quanto
concerne il “rapporto” fra gli amministratori e la criminalità organizzata, circostanze che pre-
sentano un grado di significatività e di concludenza inferiore rispetto a quelle che legittimano
l’azione penale (delitti ex art. 416 bis c.p., delitti di favoreggiamento commessi in relazione ad
esso) o di quelle che legittimano l’adozione delle misure di sicurezza nei confronti degli “indi-
ziati” di appartenere ad associazioni di tipo mafioso o analoghe (legge 31 maggio 1965, n. 575,
e successive modificazioni).
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