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LA ‘NDRANGHETA A REGGIO EMILIA. UN CASO DI CONQUISTA DAL BASSO


                  Infine, e non è affatto secondario, si ha un primato del paese di origine del
             clan, Cutro, sul dipanarsi delle vicende reggiane. Queste ultime registrano gli
             ovvi tratti di autonomia dei calabresi “emiliani” ma risentono poi di tutto il
             peso morale e politico della madrepatria.
                  Fino alla prassi da parte dei candidati sindaci, questa sì assolutamente ano-
             mala, di andare a fare campagna elettorale a Cutro in occasione delle competi-
             zioni amministrative di Reggio Emilia. Pur tenendo conto di alcune deviazioni,
             anche importanti, rispetto a quello che in forma idealtipica possiamo conside-
             rare il modello ‘ndranghetista (ad esempio la lotta mortale in trasferta per la
             supremazia non ricorre spesso nelle altre esperienze), si può dunque asserire
             che esso sia stato fondamentalmente rispettato.
                  Semmai ciò che comunica importanti elementi di novità è la qualità del
             contesto ospite. Ovvero del luogo in cui il modello ha funzionato in modo stra-
             ordinariamente efficiente. È la possibilità, dimostrata nei fatti, che un contesto
             con le peculiarità ricordate si incontri senza troppi turbamenti con il “sistema
             Grande Aracri”, e diventi interlocutore se non parte delle sue strategie. Fino
             talora a parlarne il linguaggio con accento emiliano.
                  Le  spiegazioni  sono  complesse,  e  probabilmente  la  ricerca  in  corso  su
             Brescello permetterà di approfondirle. Certo la voglia di preservare la “diversità
             emiliana” e con essa la diversità del partito politico egemone hanno nutrito di
             orgoglio i processi di rimozione davanti all’opinione pubblica nazionale, anche
             quando  le  dimensioni  del  danno  e  del  rischio  sono  apparse  evidenti.
             Probabilmente ha pesato sulla cultura progressista locale la preoccupazione che
             la denuncia del ruolo delle imprese calabresi, potesse costituire un cedimento
             alle lusinghe del pregiudizio etnico.
                  Verosimilmente la crisi dell’economia cooperativa ha spinto a cercare con-
             tinui  abbassamenti  dei  costi  di  produzione  attraverso  il  ricorso  alle  imprese
             orbitanti intorno al clan.
                  E certo la realtà, se indagata a fondo, è in grado di svelare affinità culturali
             inimmaginate tra i due mondi opposti .
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             (56) - Si  rimanda  di  nuovo  a  Marco SANTORO,  Marco SOLAROLI,  Una  mafia  che  ci  rassomiglia?
                  Capitale mafioso e risonanza culturale nell’espansione della criminalità organizzata in Emilia-Romagna,
                  cit.

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