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STUDI GIURIDICO-PROFESSIONALI



                    Naturalmente  si  può  discutere  a  lungo  se  almeno  alcuni  di  questi  sei
               “ingredienti” esprimano, e in che misura, una realtà di fatto o un’autorappre-
               sentazione. Fatto sta che essi si inscrivono tutti nel senso comune che la collet-
               tività  nazionale  ha  elaborato  con  riferimento  all’esperienza  emiliana  e  forse
               ancor più, al suo interno, all’esperienza reggiana. Senso comune che, proprio
               contro la mafia, sembrava avere trovato subito conferma nelle scelte di impe-
               gno della scuola reggiana dopo i delitti La Torre e soprattutto dalla Chiesa.
               Eleonora Cusin ha ben ricostruito, in una ricerca di CROSS per il Ministero
               dell’Istruzione, il ruolo particolare giocato dall’Emilia Romagna nella nascita,
               già negli anni ottanta, di una educazione alla legalità caratterizzata da importanti
               processi di sensibilizzazione studentesca e dalla promozione di gemellaggi con
               le  scuole  siciliane.  E  ha  sottolineato  come  ad  esempio,  diversamente  che  in
               Lombardia dove pure il movimento degli insegnanti aveva dato vita a impor-
               tanti percorsi educativi, quelle esperienze fossero lì sostenute da un protagoni-
               smo  delle  amministrazioni  locali  e  coltivassero  un  riferimento  costante  agli
               ideali della Resistenza, tradotto perfino in una sorta di programma ideologico:
               “contro la mafia come contro il nazismo” .
                                                        (47)
                    Tutto sembrava combaciare invece proprio mentre la scuola e le ammini-
               strazioni reggiane cercavano di farsi carico con spirito di solidarietà nazionale
               della  sfida  siciliana,  la  ‘ndrangheta  calabrese  avanzava  in  città,  ne  penetrava
               parte dell’economia, vi seminava lo spirito di omertà. Si tratta certamente di una
               delle contraddizioni più interessanti della vicenda che stiamo analizzando. Che
               fa anzi del caso di Reggio Emilia un paradigma di rilevanza primaria. Se si pensa
               che la mafia si sviluppi dove c’è una scuola degradata, con doppi turni e strut-
               ture precarie, qui si impara che questa non è una condizione necessaria, e forse
               nemmeno sufficiente .
                                    (48)

               (47) - Eleonora CUSIN, I risultati della ricerca in Emilia Romagna, in CROSS, Osservatorio sulla crimi-
                    nalità organizzata, L’educazione alla legalità e all’antimafia nelle scuole italiane. Due studi di caso:
                    Lombardia  ed  Emilia  Romagna,  Rapporto  di  ricerca  presentato  al  Ministero  dell’Istruzione,
                    Università e Ricerca, Roma, 8 giugno 2016.
               (48) - In realtà una prima avvisaglia della incongruenza di certi assunti si era presentata nello studio
                    di comunità su Buccinasco, paese a lungo dominato dalla ‘ndrangheta e tuttavia caratterizza-
                    to da buone scuole e buoni servizi sociali, in linea con il miglior riformismo milanese. Cfr.
                    Nando DALLA CHIESA e Martina PANZARASA, Buccinasco. La ‘ndrangheta al Nord, cit.

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