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IL DEMANSIONAMENTO, LA DEQUALIFICAZIONE E IL MOBBING
                            ANCHE CON RIFERIMENTO ALL’AMBITO MILITARE


             di aver adottato tutte le misure, tipiche e quelle atipiche desumibili dall’obbligo
             di  sicurezza  e  di  salvaguardia  della  personalità  morale  del  lavoratore,  fissate
             dall’art. 2087 c.c. per prevenire e reprimere il mobbing, si è ormai da tempo pro-
             nunciata la Corte di Cassazione , la quale, ribadendo il proprio precedente
                                            (19)
             indirizzo che attribuisce natura contrattuale all’inadempimento datoriale nelle
             fattispecie di mobbing, ha ritenuto gravare sul lavoratore l’onere di provare il
             fatto materiale costituente inadempimento datoriale nonché il nesso di causalità
             tra inadempimento e danni subiti in conseguenza di esso, mentre ha posto a
             carico del datore di lavoro, ex art. 1218 c.c., l’onere di fornire la cosiddetta prova
             liberatoria, ossia dimostrare la non imputabilità dei comportamenti mobbizzanti
             denunciati dal lavoratore allo stesso datore di lavoro, ai suoi preposti, o ai col-
             leghi mobber, per il fatto dei quali egli risponde a titolo di culpa in vigilando o in eli-
             gendo, ovvero per responsabilità oggettiva degli atti compiuti dai dipendenti ex
             art. 2049 c.c.
                  Il giudice della legittimità è pure intervenuto a comporre il contrasto giu-
             risprudenziale sorto in ordine al riparto dell’onere probatorio nella domanda di
             risarcimento dei danni sofferti dal lavoratore per effetto del cosiddetto deman-
             sionamento professionale. In particolare, è stata affrontata la questione se il
             diritto del lavoratore al risarcimento del danno, soprattutto di natura esistenzia-
             le, consegua in re ipsa al demansionamento o, al contrario, debba essere provato
             dal lavoratore ai sensi dell’art. 2697 c.c.
                  Le Sezioni Unite della Cassazione hanno rilevato che poiché la responsa-
             bilità del datore di lavoro ha natura contrattuale, ne consegue che la violazione
             da parte datoriale degli obblighi nascenti dal contratto di lavoro, e in particolare
             il divieto di dequalificazione (art. 2103 c.c.) e l’obbligo di tutela dell’integrità
             fisica e della personalità del lavoratore (art. 2087 c.c.), integrano gli estremi di
             un inadempimento contrattuale, regolato agli artt. 1218 e 1223 c.c.
                  Tali previsioni distinguono il momento dell’inadempimento - vale a dire la
             violazione degli obblighi di cui agli artt. 2087 e 2103 c.c., sanzionata con l’ob-
             bligo di corresponsione della retribuzione - dal momento, successivo ed even-
             tuale,  della  produzione  del  danno  -  risarcibile  solo  in  quanto  conseguenza
             immediata e diretta dell’inadempimento medesimo.
             (19)- Cass., sez. lav., 25 maggio 2006, n. 12445, in FORO IT., 2006, I, 2738.

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