Page 124 - Rassegna 2017-2
P. 124
STUDI GIURIDICO-PROFESSIONALI
Sono considerate come discriminazioni anche le molestie sessuali, ovvero
quei comportamenti indesiderati a connotazione sessuale espressi in forma fisi-
ca, verbale o non verbale aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una
lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradan-
te, umiliante o offensivo. Tutti i predetti comportamenti vengono considerati
discriminatori e pertanto suscettibili di essere azionati dinanzi al giudice compe-
tente, ai sensi delle norme che disciplinano la tutela giurisdizionale dei diritti.
In occasione dell’emanazione di tale disciplina legislativa è stato compiuto
un passo avanti anche rispetto alla tutela del lavoratore avverso il mobbing e ciò
in quanto attraverso l’introduzione nel nostro ordinamento della definizione di
molestie, si è data in qualche modo una nozione di mobbing, sebbene ancora non
cristallizzata e individuata solamente in base allo scopo della relativa condotta
ovvero agli effetti che essa determina. È stato, tuttavia, rilevato (13) che la tutela
antidiscriminatoria è applicabile ai soli motivi tipici di discriminazione, previsti
dalla normativa vigente; vi sono una serie di motivi che sono discriminatori
secondo il senso comune, ma non secondo l’ordinamento giuridico , i quali
(14)
possono essere definiti motivi atipici di discriminazione. In tutti tali casi la tute-
la antidiscriminatoria non può operare per difetto della tipicità dei motivi delle
discriminazioni; la regola sarebbe dunque quella della tipicità della tutela antidi-
scriminatoria. La tutela dei lavoratori contro il mobbing è poi del tutto autonoma
rispetto alla tutela antidiscriminatoria rivolta verso soggetti deboli e membri di
gruppi sociali svantaggiati.
3. Demansionamento e mobbing
Lo specifico intento vessatorio o persecutorio che sorregge la condotta
mobbizzante e la sua protrazione nel tempo consentono di enucleare il feno-
meno del mobbing e di distinguerlo rispetto a singoli atti illegittimi quali la mera
dequalificazione ex art. 2103 c.c.
(13)- Corte di Cassazione, Ufficio del Massimario, Relazione n. 142 del 10 novembre 2008, 34.
(14)- Viene considerata l’ipotesi del lavoratore, indifferentemente pubblico e privato, discriminato
perché “poco gradito”.
122