Page 119 - Rassegna 2017-2
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IL DEMANSIONAMENTO, LA DEQUALIFICAZIONE E IL MOBBING
                            ANCHE CON RIFERIMENTO ALL’AMBITO MILITARE


             nei a dimostrare l’esistenza effettiva di un univoco disegno vessatorio o esclu-
             dente in suo danno.
                  Ai fini della configurabilità della condotta lesiva da mobbing, va accertata la
             presenza di una pluralità di elementi costitutivi, offerti:
                  a)dalla molteplicità e globalità di comportamenti a carattere persecutorio,
             illeciti o anche di per sé leciti, posti in essere in modo miratamente sistematico
             e prolungato contro il dipendente, secondo un disegno vessatorio;
                  b)dall’evento lesivo della salute psicofisica del dipendente;
                  c)dal nesso eziologico tra la condotta del datore o del superiore gerarchico
             e la lesione dell’integrità psicofisica del lavoratore;
                  d)dalla prova dell’elemento soggettivo, cioè dell’intento persecutorio.
                  La sussistenza di condotte mobbizzanti deve essere qualificata dall’accer-
             tamento  di  specifiche  finalità  persecutorie  o  discriminatorie,  poiché  proprio
             l’elemento soggettivo finalistico consente di cogliere in uno o più provvedimen-
             ti e comportamenti, o anche in una sequenza inframmezzata di provvedimenti
             e comportamenti, quel disegno unitario teso alla dequalificazione, svalutazione
             o emarginazione del lavoratore pubblico dal contesto organizzativo nel quale è
             inserito, che sono imprescindibili ai fini dell’enucleazione del mobbing .
                                                                               (5)
                  Di recente, il giudice amministrativo , dopo aver ricordato come, ai sensi
                                                     (6)
             (5) - Cons. st., III, 14 maggio 2015, n. 2412, in iusexplorer.it.
                 Il ricorrente, assistente della Polizia di Stato, aveva impugnato il decreto con cui il
                 Direttore Generale della Pubblica Sicurezza gli aveva inflitto la sanzione disciplinare
                 della sospensione dal servizio per la durata di quattro mesi, assumendo, tra le altre
                 doglianze, che la sanzione disciplinare inflittagli fosse il risultato di una “azione di
                 mobbing e/o di bossing posta in essere dai superiori del ricorrente nei confronti dello
                 stesso”.
                 Il G.A. ha respinto il ricorso assumendo in relazione al predetto motivo di ricorso che
                 nella  fattispecie  esaminata  mancasse  la  prova  dell’elemento  soggettivo  nei  riferiti
                 comportamenti vessatori dei superiori gerarchici, mentre la circostanza che fossero
                 anche state irrogate altre sanzioni disciplinari per episodi poco rilevanti non assumeva
                 una valenza decisiva, soprattutto tenendo presente il contesto di particolare rigore che
                 caratterizza lo svolgimento del rapporto di impiego in ambiente militare.
             (6) - TAR Campania Napoli, VII, 9 febbraio 2017, n. 819, in leggiditalia.it.
                 Il ricorrente, assistente di polizia penitenziaria, si era rivolto al giudice per chiedere
                 l’accertamento del suo diritto al risarcimento dei danni patiti in conseguenza dell’ille-

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