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REATI CONTRO L’AMBIENTE (C.D. ECOREATI):
        IL DELITTO DI DISASTRO AMBIENTALE ALLA LUCE DELLA LEGGE 68/2015

legislatore degli anni 30 sia stata quella di dare prevalenza alle esigenze di pena-
lizzazione rispetto a quella di certezza del diritto.

      E neppure, in conclusione, potrebbe farsi riferimento, al fine di colmare la
carenza di sufficiente chiarezza della disposizione, alle altre norme comprese
nello stesso capo e titolo del codice penale in cui compaiono comunque le stes-
se formule utilizzate nell’art. 434 e cioè quelle di disastro e pericolo per la pub-
blica incolumità.

      In tali casi, difatti, si tratta di disposizioni delle quali la norma impugnata
presuppone l’inapplicabilità e che quindi non potrebbero essere d’ausilio a tale
scopo interpretativo.

      Dubbi in tal senso vennero poi sollevati anche dalla dottrina, secondo la
quale tale pratica interpretativa avrebbe ben presto comportato il rischio di una
dilatazione in via analogica dell’ambito di operatività in campo ambientale della
disposizione codicistica, pericolo favorito dalla sua generica formulazione(24).

      La Corte Costituzionale, tuttavia, nonostante le incisive argomentazioni
sopra precisate, ritiene non fondata la questione sollevata dal giudice a quo.

      Dopo aver chiarito che l’elasticità del concetto presente nella formula
descrittiva dell’illecito non comporta in realtà un vulnus del principio di deter-
minatezza della norma penale(25), la Corte riconosce tuttavia la sostanziale gene-
ricità del concetto di disastro, il quale apparirebbe scarsamente definito, tradu-

(24) - L. RAMACCI, Il “disastro ambientale” nella giurisprudenza di legittimità, in Rivista Ambiente e Sviluppo,
       Gestione ambientale, IPSOA, n. 8-9/2012. Nel riferirsi ai dubbi sollevati da giurisprudenza di
       merito e dottrina, l’autore fa riferimento, in nota, a Milocco, nota a GIP S. Maria Capua
       Vetere, 2004 e Castoldi, Il ritorno del disastro innominato in materia ambientale, 2008.

(25) - La Corte specifica, difatti, richiamando la sua stessa costante giurisprudenza, che “la verifica
       del rispetto del principio di determinatezza della norma penale va condotta non già valutando isolatamente
       il singolo elemento descrittivo dell’illecito, ma raccordandolo con gli altri elementi costitutivi della fattispecie e
       con la disciplina in cui questa si inserisce”. Continua poi affermando che “l’inclusione nella formula
       descrittiva dell’illecito di espressioni sommarie (…) ovvero di concetti elastici, non comporta un vulnus del
       parametro costituzionale evocato, quando la descrizione complessiva del fatto incriminato consenta comunque
       al giudice - avuto riguardo alle finalità perseguite dall’incriminazione ed al più ampio contesto ordinamentale
       in cui essa si colloca - di stabilire il significato di tale elemento mediante un’operazione interpretativa non
       esorbitante dall’ordinario compito a lui affidato: quando cioè quella descrizione consenta di esprimere un giu-
       dizio di corrispondenza della fattispecie concreta alla fattispecie astratta (…) e, correlativamente, permetta
       al destinatario della norma di avere una percezione sufficientemente chiara ed immediata del relativo valore
       precettivo”(sent. n. 5/2004; in senso analogo sentenze n. 34/1995; n. 122/1993; n. 247/1989;
       ordinanze n. 395/2005; n. 302 e n. 80/2004).

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