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BORSE DI PLASTICA E BIOPLASTICHE: L’EVOLUZIONE NORMATIVA NAZIONALE E IL SUO RUOLO PRECURSORE IN EUROPA
- Spokeperson’s Ser-
vice Note del
3 1 . 1 0 . 2 0 1 3 ,
Agenda/13/38, di
annuncio della pro-
posta di direttiva
shopper, in cui si sot-
tolinea che l’esigenza
di una regolamenta-
zione UE in materia
deriva dalla necessità
di perseguire lo speci-
fico obiettivo della ri-
duzione dell’uso dei sacchetti di plastica monouso, in quanto “il peso ridotto
e la piccola taglia dei sacchetti di plastica comporta che essi sfuggano spesso al trattamento
dei rifiuti e giungano nell’ambiente marino, nel quale il loro decadimento può richiedere
centinaia di anni”;
- concetti analoghi hanno accompagnato la presentazione della proposta
di Direttiva citata: nell’Explanatory Memorandum di introduzione alla
proposta stessa del 4.11.2013, si sottolinea ampiamente il problema del-
l’accumulo di detriti e immondizie costituiti da frammenti di sacchetti di
plastica, destinati a inquinare l’ambiente per centinaia di anni.
Chiarito il background, giova ora osservare che il testo dell’originaria proposta della
Commissione del 4.11.2013 era molto snello e assai diverso da quello definitivo
19
pubblicato in GUUE. In particolare, esso:
- riguardava (campo di applicazione) esclusivamente le borse di plastica in
materiale leggero (spessore inferiore a 50 micron per il trasporto di merci),
e non conteneva quindi il par. 1 ter citato sulla possibilità per gli Stati di
adottare misure anche oltre i 50 micron, né riferimenti alle borse ultraleg-
gere per alimenti sfusi (ortofrutta, etc.);
- non prevedeva il “maintaining”, ossia la possibilità per gli Stati membri non
solo di introdurre pro futuro (“introducing”), ma anche di “mantenere”
eventuali misure di riduzione già adottate;
19 [COM(2013) 761 final], http://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/?uri=CELEX:52013PC0761. La Commis-
sione ha scelto coma base giuridica di tale proposta l’art. 114 TFUE (internal market), anche se tale scelta non appare in
linea con la natura squisitamente ambientale di tale direttiva, che avrebbe dovuto portare a ricorrere ad una diversa base
giuridica (art. 192 TFUE, <<ambiente>>). È noto infatti che, per costante giurisprudenza europea, la base giuridica di
una direttiva va scelta “having regard to its own aim and content” [Corte di Giustizia, sent. 28 giugno 1994, Case C-187/93
Parliament v Council, parr. 17 - 18, 21 - 25, 27 - 28. Si v. anche Corte di Giustizia (Grande Sezione), sent. 8 settembre
2009, Case C-411/06 Commission v Parliament and Council, parr. 6, 45, 49 – 59, 62 – 63, 70 – 72, 76 – 77; Corte di Giustizia
(Grande Sezione), sent. 18 dicembre 2014, Case C-81/13 United Kingdom v Council, parr. 35 e 64 – 67].
I Quaderni Rivista Tecnico-scientifica ambientale 69
dell’Arma dei Carabinieri