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L’uso strumentale del Protocollo di Kyoto: ovvero l’eolico all’italiana
sendo noto solo uno degli aspetti più enfatizzati: la necessità di ridurre
FOCUS l’anidride carbonica. Diversamente, questo trattato è più ricco e propo-
ne linee strategiche e operative articolate: risparmi energetici (non solo
elettrici), riforestazione, riduzione di gas emessi dalle attività produttive
e dai mezzi di trasporto (mare, aria, terra); ma questi indirizzi così estesi
trovano ben scarsi riscontri tra i rari piani o progetti realizzati da
Comuni, Province o Regioni.
Dalla ratifica del Protocollo, i vari Paesi aderenti hanno conseguito
risultati diversi. L’Inghilterra, con una adesione ferrea a 360 gradi, ha
ottenuto una riduzione del 2% delle emissioni di CO 2 ; per contro,
l’Italia ha aumentato del 12% le proprie, ed il trend non mostra flessio-
ne, dimostrando platealmente il fallimento delle iniziative e l’urgenza di
un piano nazionale integrato che intervenga all’origine sulle sorgenti di
CO 2 . Il VI Programma dell’Unione Europea pone come obiettivo per il
2010 il 22% dell’elettricità da fonti rinnovabili, ma la Regione Toscana
già nel 2004 ha raggiunto il 33%; nel Programma Operativo Regionale
(POR) del 2006 la Regione Toscana con decisione unilaterale ha stabili-
to un ulteriore incremento del 4%, forse per dare spazio al pressante
eolico, altrimenti escluso.
La maggior parte della popolazione italiana è favorevole all’utilizzo
di fonti energetiche rinnovabili per l’evidente assenza di emissioni in-
quinanti in atmosfera, alla base di molte patologie anche letali. Non de-
sta stupore che alla domanda sull’utilizzo di impianti eolici la risposta
prevalente sia positiva; tuttavia già qualche dubbio sorge allorché si ag-
giunge la clausola di compatibilità paesaggistica. Da un sondaggio su
circa 10mila persone effettuato in una recente manifestazione di
Festambiente, quasi il 60% ha ritenuto che si debba prestare attenzione
a questa specificità che, in contesti dove il turismo rappresenta una del-
le poche risorse territoriali, diviene particolarmente critica per l’impatto
locale. Ma questa tecnologia, relativamente recente, è per lo più scono-
sciuta negli “effetti collaterali” e rischia di rivelarsi un “pacco”, un “bi-
done”, anche per chi, onestamente, ne condivide la scelta in ottica am-
bientalista.
Tecnicamente ogni progetto industriale deve presentare un adeguato
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rapporto tra costi sopportati e benefici offerti, dove tuttavia i costi com-
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