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Il ruolo dell’uomo nel riscaldamento globale


               Che dire allora del monito lanciato dall’IPCC circa il rischio di un
            aumento di ben 5 °C della temperatura globale entro il 2100? La base     FOCUS
            scientifica di tale scelta è ovvia: modelli climatici sofisticati stanno lavo-
            rando da vent’anni e più e non riescono a condurre gli scienziati a con-
            cordare su qualcosa di più che sul possibile legame fra gas serra e lieve
            aumento delle temperature medie globali osservato. Il numero di nodi
            che debbono essere sciolti nelle parametrizzazioni del bilancio radiati-
            vo è grande, anche se risultati apparentemente realistici possono essere
            ottenuti senza grande forzo intellettuale. Inoltre i modelli non conside-
            rano il feed-back fra variazioni nell’uso e nella gestione del suolo e la
            circolazione atmosferica ed è in parte per questa ragione che essi non
            concordano sui campi di precipitazione previsti. E per la produzione
            mondiale di cibo è molto più importante la variabilità delle precipita-
            zioni che un lieve aumento della temperatura.
               Perché è così difficile prevedere con 50 anni d’anticipo le precipita-
            zioni? In gran parte le precipitazioni delle medie latitudini sono asso-
            ciate a sistemi depressionari che si muovono lungo traiettorie imposte
            dalle correnti a getto. I mutevolissimi meandri delle correnti a getto si
            sviluppano al limite esterno della grande calotta d’aria fredda che è cen-
            trata sui poli. Gli specialisti chiamano questa calotta con il nome di
            Vortice Polare ed hanno chiamato Oscillazione Artica il comportamen-
            to sinuoso delle correnti a getto nell’emisfero Nord. Purtroppo la linea
            di ricerca principale in meteorologia dinamica rifiuta di studiare l’evolu-
            zione lenta della circolazione generale. È infatti divenuto talmente faci-
            le far girare i Modelli Globali su supercomputers che molti scienziati
            stanno alla larga da argomenti come lo studio di dettaglio delle intera-
            zioni fra vortice polare e oscillazione artica. Se dunque non esiste anco-
            ra una rudimentale teoria che descriva l’evoluzione nello spazio e nel
            tempo del vortice polare ed ancora meno una relazione definita fra
            concentrazioni crescenti di gas serra e variabilità nell’oscillazione artica,
            non esiste la possibilità di fare previsioni circa l’evoluzione futura dei
            campi di precipitazione.                                                    8
               È appena il caso di ricordare che non vi sono studi approfonditi circa   n.
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            il modo in cui piccoli errori nel software agiscano sui valori medi di alcu-  III
            ne variabili di output fra 50 anni. A qualcuno gli allarmi sul clima fanno
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