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La desertificazione interessa quasi la metà delle terre emerse
nel prossimo futuro: nei paesi che si affacciano sul Mediterraneo si è
FOCUS passati dai 90 milioni di abitanti (all’inizio del secolo passato) agli attua-
li 300 milioni (secondo le stime più ottimistiche, si prevede di raggiun-
gere quota 850 milioni entro il 2050).
La comunità internazionale ha riconosciuto fin dagli anni Settanta la
gravità del fenomeno e dal giugno 1994, con l’obiettivo di fornire gli
strumenti di indirizzo politico e scientifico-tecnologico, ha adottato la
Convenzione delle Nazioni Unite per la Lotta alla Desertificazione
(Unccd). Nell’ambito di questa convenzione, l’Italia ha stipulato un ac-
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cordo regionale insieme ai paesi europei maggiormente colpiti:
Portogallo, Spagna, Grecia e Turchia. Si tratta del cosiddetto “Annesso
IV”, tramite il quale si intende rafforzare lo scambio reciproco ed eser-
citare una pressione significativa in sede comunitaria, affinché la
Commissione europea riconosca la rilevanza delle problematiche legate
alla desertificazione nella zona meridionale del nostro continente.
La desertificazione si combatte anche a livello nazionale: da diversi
anni è stato costituito il “Comitato Nazionale per la lotta contro la
Desertificazione” che si avvale del contributo tecnico-scientifico degli
esperti dei più prestigiosi enti di ricerca nazionali, fra cui Cnr, Enea e
Inea, per predisporre ed attuare il Piano di Azione Nazionale di lotta al-
la Desertificazione (Pan), promuovere attività di ricerca e per coinvol-
gere e sensibilizzare maggiormente l’interesse dell’opinione pubblica
nei riguardi di questo problema.
Alla fine della nostra disamina potrebbe destare stupore la teoria di
alcuni studiosi, secondo cui i deserti potrebbero rappresentare una pre-
ziosa risorsa in vari settori: dall’energia che sfrutta il sole e il vento a
piante e animali utili per la ricerca farmaceutica. Tra i più strenui soste-
nitori di queste tesi ci sono due alti funzionari dell’Unep. Il primo è il
direttore esecutivo del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente,
Shafqat Kakakhel, che per supportare la sua teoria si richiama al fatto
che «lontano dall’essere terre aride, i deserti appaiono come dinamici
sul piano biologico, economico e culturale». Sulla stessa linea anche le
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argomentazioni di Zaveh Zahedi, direttore aggiunto del centro di sor-
veglianza per la difesa dell’ambiente del Programma Onu, con sede a
Anno
Cambridge. Secondo Zahedi, un deserto delle dimensioni del Sahara
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