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L’Italia che frana: cause e possibili rimedi
ma anche l’attività vulcanica e le cicliche variazioni del clima, attraverso
FOCUS le espansioni glaciali e le variazioni del livello marino, hanno contribui-
to a “costruire” un paesaggio in rilievo: basti pensare ai tanti vulcani del
nostro territorio, dai colli Euganei all’Etna, e alle colline moreniche ai
piedi delle Alpi. Nelle aree montano-collinari rocce e suoli tendono a
scendere verso il basso trascinati dal loro stesso peso, con l’aiuto della
pioggia, del vento e dei terremoti. Le frane, ovvero i movimenti di una
massa di roccia, terra o detrito lungo un versante secondo la semplice defini-
zione di Cruden (1991), rappresentano uno dei principali meccanismi
di questo inarrestabile processo. Per quanto possa apparire drastico, la
geologia ci insegna che anche le più alte montagne un giorno si trasfor-
meranno in sabbia. Ne sono testimonianza le innumerevoli cicatrici di
frana, fossili o attive, lungo i versanti montuosi, gli accumuli di detrito
ai loro piedi, le valli alluvionali, colme dei materiali strappati ai monti e
trascinati dai fiumi in piena, e le spiagge dei nostri litorali. Non c’è
quindi affatto da stupirsi della rilevanza lungo i nostri pendii dei feno-
meni franosi e di intensa erosione, agenti naturali inevitabili nell’evolu-
zione geomorfologia del nostro accidentato territorio. Stupisce invece
la frequenza con la quale le opere dell’uomo ne vengono investite e
danneggiate, stupisce la perdita di vite umane. Quindi, più che del feno-
meno naturale in sé, è importante discutere del ruolo dell’uomo, spesso
troppo poco consapevole, sia in qualità di vittima che, sempre più di
frequente, come causa scatenante.
Frane ed espansione urbanistica
A partire dal secondo dopoguerra si è assistito ad un forte incre-
mento della pressione antropica sul territorio a causa dell’espansione
del tessuto urbano e dello sviluppo delle infrastrutture di trasporto in
aree spesso instabili. In tale contesto i fenomeni di dissesto geologico-
idraulico hanno iniziato ad essere un problema rilevante per l’incolumi-
tà della popolazione, per i danni a centri abitati, infrastrutture, reti di
servizi, beni ambientali e storici (Catenacci, 1992; Guzzetti, 2000).
Per quanto riguarda l’impatto socio-economico, per il solo periodo
2001-2005 la stima economica del danno risulta non inferiore a 4 mi-
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liardi di euro (APAT, 2006). Nel solo dopoguerra si ricordano tra gli
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