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Il fiume tradito: l’escavazione abusiva in alveo


                  Massi, ciottoli, ghiaie, sabbie sono parte integrante di un fiume, ma
         FOCUS sono anche la materia prima essenziale per la costruzione di case, stra-
               de, ponti. Un chilometro d’autostrada richiede sessantaduemila metri
               cubi di sabbia e pietrisco. Un chilometro di viadotto ne richiede trenta-
               mila. Un chilometro di massicciata ferroviaria circa tremila. Sono questi
               i numeri base di un ciclo del cemento che ha tutta la sua evidenza nel
               Mezzogiorno, ma non dimentica la pianura padana e principalmente il
               suo fiume: il Po.
                  Questo settore, strettamente collegato a quello del calcestruzzo, ha as-
               sunto in Italia un peso relativo schiacciante: un cittadino consuma ogni
               anno 800 kg di cemento e 10 tonnellate di inerti (marne da cemento, inerti
               da calcestruzzo e da asfalto, materiali da rilevato e da riempimento). In
               tutti gli altri Paesi del mondo il consumo di cemento è molto minore per
               minor attività edificatoria e di opere, e quello di inerti di scavo è ancora
               minore, soprattutto per la differenziazione di materiali (frantumazione di
               rocce, riciclo di marino di gallerie e di scavi, riciclo di demolizione).
                  La grande domanda di materiali, associata agli enormi profitti che il
               loro commercio consente, ha determinato un progressivo impoveri-
               mento dei fiumi, aggravato non solo dalla pura estrazione, ma anche
               dal meccanismo perverso degli scarsi controlli degli enti pubblici che
               hanno spinto le imprese a estrarre quantità ben superiori a quelle auto-
               rizzate. Dal 1970 al 1990 il prezzo degli inerti è cresciuto il doppio del
               costo della vita e ancor più dei prezzi all’ingrosso.
                  Dall’esame dei rapporti elaborati negli ultimi anni dall’Associazione
               Legambiente, si è potuto rilevare che lungo il corso del fiume Po, da
               Piacenza al mare, nell’anno 1993 erano attivi almeno sessanta cantieri
               di escavazione, per una potenzialità media giornaliera di millecinque-
               cento metri cubi. Considerando un’attività di duecento giorni all’anno,
               essi potevano asportare circa diciotto milioni di metri cubi all’anno.
               Facendo un bilancio fra le potenzialità di ripristino da parte del fiume e
               l’entità del materiale scavato, si evidenzia un deficit in grado di determi-
               nare un abbassamento dell’alveo di quindici centimetri l’anno. Negli ul-
               timi venti anni, infatti, l’alveo del fiume si è abbassato di circa tre metri.
               Ciò ha provocato la risalita del cuneo salino nella zona deltizia, un mi-
          Anno
               nore apporto di sabbie sulle spiagge dell’Adriatico con l’innesco di vi-
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