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Il sistema delle aree protette per la conservazione della biodiversità


               come riferisce Alessandrini (1993), i parchi rappresentano una disfatta
               «perché non sono una vittoria della civiltà moderna, al contrario sono
               quasi una sconfitta, perché il rispetto di così grandi manifestazioni della
               natura dovrebbe essere un fatto spontaneo e diffuso».
                  Né del resto l’impianto fortemente vincolistico, sotteso all’istituzione
               del parco ed attuato tramite le misure di salvaguardia, contribuisce al pro-
               cesso di tutela territoriale, giacché al rigore formalmente rigido dei divieti
               si deve unire una politica compensativa e immediata di incentivi economi-
               ci per le comunità umane interessate. I fenomeni di degrado e alterazione
               degli ecosistemi, infatti, non si arrestano tout court con l’istituzione dell’area
               protetta occorrendo parallelamente forgiare un modello di sviluppo eco-
               compatibile del territorio interessato che non può né deve essere ecologi-
               camente ed economicamente isolato dall’area vasta in cui è inserito.
                  Le aree naturali protette, dunque, non possono essere sistemi chiusi
               e circoscritti dai soli confini amministrativi - che si vorrebbe far coinci-
               dere con quelli ecosistemici - ritenendo con ciò che l’area oggetto di tu-
               tela sia immediatamente preservata da influenze negative esterne. In
               proposito «numerose cause di alterazione ambientale possono esplicar-
               si al di fuori dei limiti dell’area da proteggere, ed agire egualmente su di
               essa, come nel caso degli inquinamenti dell’aria o dei corsi d’acqua, del
               fuoco, del dissesto idrogeologico, delle alterazioni faunistiche e floristi-
               che» (Contoli, 1976), delle modificazioni microclimatiche e così via. La
               legge quadro, fortunatamente, ha operato in un preciso disegno strate-
               gico teso a identificare un’idea parco gravida di elaborazioni progettuali
               in cui interagiscono dinamicamente risorse naturalistiche ed antropiche
               poste dentro e al di fuori dell’area protetta. La legge n. 394/1991, infat-
               ti, propone il parco come sistema relazionale dei diversi aspetti territo-
               riali (fisici, umani, economici, paesaggistici e ambientali) inseriti in un
               processo attivo di pianificazione integrata e non settorializzata o, peg-
               gio ancora, parcellizzata.
                  Al riguardo ben si attaglia - e con evidente preconizzazione - la defi-
               nizione di parco data da Giacomini e Romani come «l’assetto giuridico-
               amministrativo di un insieme territoriale, in virtù delle cui finalità glo-
               bali e specifiche la salvaguardia e lo sviluppo degli elementi naturali e
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               umani che lo costituiscono sono promossi e disciplinati in un regime di
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