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I monoteismi fra spirito e natura


            no. [...] Il cristianesimo occidentale sta a quello orientale come il sim-
            bolo della prospettiva sta al simbolo del fondo dorato, e lo scisma defi-  FOCUS
            nitivo doveva verificarsi quasi contemporaneamente nel dominio della
            Chiesa e in quello dell’arte. Lo sfondo paesaggistico delle scene del
            quadro fu compreso nello stesso punto in cui fu compresa l’infinità
            dinamica di Dio; e insieme ai fondi dorati delle pitture sacre scompaio-
            no dai Concili occidentali quei problemi divini magici e ontologici, che
            avevano appassionato i Concili orientali, i Concili di Nicea, di Efeso e
            di Calcedonia». 2
               È evidente come la raffigurazione artistica sia indice di un modo di
            pensare il divino, e come questo si traduca in un modo specifico di rap-
            presentare il mondo e l’essere umano. Cosa che non vale soltanto per
            l’espressione sacra, ma per ogni tipo di rappresentazione da parte di un
            mondo che comunque si esprimeva essenzialmente in termini religiosi.
            A commento di quanto dichiarato da Spengler, notiamo però che se
            pure i concili indicati si svolsero in Oriente, essi furono funzionali alla
            vittoria di una visione occidentale del divino e del cosmo, che si tradus-
            se in una concezione positiva della natura, sempre più nettamente
            affermatasi a partire dall’XI secolo, per tradursi in quella religiosità
            magico-cristiana a fondamento della cultura rinascimentale. Il progres-
            sivo avvicinarsi alla natura, resa in forma pittorica, ma tradotta anche
            nella valutazione dell’opera umana sulla terra, è chiara conseguenza di
            quelle decisioni originarie prese agli albori dell’elaborazione dell’orto-
            dossia romana. Decisioni prese in Oriente, ribadiamo, ma nelle quali
            risultava vincente quella mentalità occidentale creata da Roma quale res
            publica universale e dalla sua tradizione.
               Ora, di fronte all’arte cristiana che, data la rappresentabilità del divi-
            no in forme umane, quale rivalutazione di questo e del suo ambiente
            terreno, si esprimeva in una progressiva naturalizzazione o ipernatura-
            lizzazione delle immagini, l’arte islamica era chiara espressione di quel-
            la concezione ideologica per la quale al profeta era riconosciuta una
            natura esclusivamente umana, a sancire la netta separazione fra i due
            ambiti. E che quindi considerava blasfema l’idea che Allah, essere asso-     .3
            lutamente trascendente, potesse incarnarsi. L’arte islamica, seguendo        oI-n
            questo fondamentale dettame religioso, si asteneva da ogni rappresen-        n
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