Page 88 - Rivista silvae aprile 2025 (1)
P. 88
sostenibilità e la correlata disciplina dell’etica ambientale si affermano sul
finire del XX secolo. L’insostenibile eccesso di sottrazione delle risorse
naturali, congiunto alla insostenibile immissione di prodotti tecnologici in
ambiente naturale, hanno prodotto l’affermarsi di uno stravolgimento
materiale con conseguente reazione culturale, quest’ultima incarnata dalla
nuova tematica dell’etica ambientale. Tale disciplina, fin da subito, si è
articolata in quelle due direttrici di fondo, già accennate come presupposto
della sostenibilità: l’una delineando un impianto etico coerente con il
soggettivismo moderno, l’altra, di profonda rottura, recuperando categorie
del sostanzialismo classico. L’autentico discrimine che in rapporto a ciò si è
andato definendo, è consistito sostanzialmente in una dottrina del valore,
consegnando alla natura, nella permanenza dell’approccio antropocentrico,
un valore esclusivamente strumentale, pur sempre funzionale all’uomo,
simmetricamente in un’ottica biocentrica, ecocentrica o fisiocentrica,
scolpendo un valore intrinseco, proprio della natura stessa (UBERTINI, 2015).
Quanto all’impostazione di un’etica ambientale antropocentrica,
l’autorevole emblema si ravvisa nell’elaborazione del filosofo australiano
JOHN PASSMORE (1991), in grado di gettare le basi per un approccio etico-
ambientale in linea con le categorie della modernità. Quanto, viceversa, alla
visione alternativa di un’etica ambientale “sostanzialistica”, tendente a
recuperare una dimensione ontologica e finalistica della natura, sulla cui
struttura incardinare il suo valore intrinseco, il simbolo indiscusso di tale
percorso è rappresentato dal filosofo tedesco HANS JONAS (1990), cui sono
seguiti sviluppi elaborativi ulteriori, come quello del filosofo tedesco
VITTORIO HOSLE (1992). Quest’ultima direttrice di etica ambientale,
costitutivamente alternativa ai dettami della modernità, tende ad articolarsi
in più aspetti, in relazione alla centralità rispettivamente delle forme di vita
(TAYLOR, 1986), dell’ambiente nel suo complesso (NAESS, 1994) e della
natura nel suo generale sviluppo (MEYER - ABICH, 1993), quali fini in sé e
quindi valori in sé. Da una parte, in sostanza, la natura consistente in forme
geometriche e dinamiche meccanicistiche, la famosa res extensa
(CARTESIO, 2014), per ciò stesso priva di un valore proprio al di là di quello
strumentale, d’altra parte il recupero dell’Essere al posto del diffuso ente
(HEIDEGGER, 2010), in cui la natura risulta animata da vis insita, da
88