Page 39 - Silvae MAggio Agosto
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In molti casi la diversità (ricchezza specifica e numero di endemismi) è stata
usata come prova di elevata biodiversità; il Mediterraneo, le Ande, il
Madagascar sono considerati hotspot della biodiversità in quanto ospitano
molte specie sia animali sia vegetali, numerose delle quali sono endemiche.
È un modo semplificativo di apprezzare la biodiversità in quanto considera
un solo parametro. La “vera” biodiversità, quella che anche tra i non addetti
ai lavori è percepita come una qualità intrinseca e positiva di un ambiente,
riguarda pertanto il solo numero di specie.
All’interno di un determinato ecosistema, infatti, il numero di specie è
sempre stato considerato una sorta di iniziale sebbene importantissima
descrizione della complessità dell’ecosistema stesso. La Conferenza
dell’ONU di Rio de Janeiro 1992, sebbene piuttosto datata, ha evidenziato il
valore intrinseco della diversità biologica indicando i suoi molteplici
contenuti ecologici, genetici, sociali, economici, scientifici, educativi,
culturali, ricreativi, estetici.
Quella domanda sul numero di specie che Hutchinson si poneva
mentre esplorava il Monte Pellegrino presso Palermo alla ricerca di due
specie del genere Corixa (emitteri acquatici) descritte da Fieber un secolo
prima, è stata ripetuta da molti altri ricercatori nei successivi 60 anni
ed è alla base della comprensione del concetto di diversità.
Per attribuire un valore alla diversità intesa come ricchezza specifica è
necessario fare uso di algoritmi alla portata di tutti; tra i più noti l’indice di
diversità di Shannon -Wiener e quello di Simpson; dai quali è derivato
l’indice di ‘equitability’ che corrisponde al valore massimo possibile della
diversità. Questi indici si basano: a) numero di specie appartenenti ad un
limitato gruppo tassonomico; b) numero (frequenza) di individui di
ciascuna specie. In natura le specie si possono dividere in “molto comuni”,
“comuni”, “poco frequenti”, “rare”, “rarissime”; utilizzando questa
suddivisione si ottengono valori matematici di diversità che sono
mediamente più bassi di quello che si otterrebbe con una frequenza delle
specie equiripartita (= tutte le specie con lo stesso numero di individui, fatto
ecologicamente impossibile). La diversità o ricchezza specifica è pertanto
una componente della biodiversità.
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