Page 36 - Silvae MAggio Agosto
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Il termine Biological Diversity fu utilizzato da Mark A. Wilcox nel 1984 per
descrivere “la varietà di forme viventi, il ruolo ecologico che esse hanno e la
diversità genetica che contengono” per quanto la sua forma contratta
BioDiversity sembra sia stata usata correntemente da Walter G. Rosen in
occasione del Forum organizzato a Washington dal 21 al 24 settembre 1986
dalla National Academy of Sciences e dalla Smithsonian Institution. Già nel 1986
questo termine si ritrova in un documento destinato al Congresso
Americano; un senatore, avveduto e curioso, ne richiese il significato preciso
con una domanda formale; l’OTA Office of Technological Assessment nel 1987
non solo ne spiegò il significato ma realizzò un volumetto in cui definiva la
biodiversità.
Dobbiamo soprattutto a Edward O. Wilson (1988) la diffusione dei principi
ispiratori del concetto di biodiversità nella letteratura scientifica; non è
certamente un caso che nel 1986 sia stata fondata negli USA la Society for
Conservation Biology.
In Italia incontriamo questo termine nel Conciso del Vocabolario della
Lingua Italiana Treccani solo nel 1998 con una definizione tutt’altro che
chiara: “la coesistenza di varie specie animali e vegetali in un determinato
ecosistema, che ne garantisce l’equilibrio dinamico nel tempo, attraverso una
complessa rete di interrelazioni”; solo nel Treccani Trevolumi (2007) è dedicata
un’intera pagina di approfondimento al termine, finalmente spiegato in
modo esauriente.
“Quante sono le specie viventi?” Questa era una delle domande che si poneva
G. Evelyn Hutchinson (1959), limnologo e pioniere degli studi sull’ecologia
delle comunità, nel suo contributo “Homage to Santa Rosalia, or why are there
so many kinds of animals?” pubblicato per il centenario della teoria di Darwin,
proponendo tra l’altro Santa Rosalia come patrona degli studi evolutivi. In
quella occasione Hutchinson toccava cinque principali temi in uno
stimolante esempio di sintesi indirizzata alla individuazione di alcuni
problemi centrali della diversità: lunghezza delle catene alimentari
(suggerendo che esse siano verticalmente limitate ai 4-5 livelli trofici dalla
perdita di energia da un livello trofico al successivo); relazioni tra le catene
alimentari e relazioni tra complessità strutturale e stabilità dinamica;
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