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Il bosco e la fauna


            fase post-letargo consuma anche proteine animali, per recuperare i
            grassi consumati in inverno.
               Poiché una popolazione vitale non può scendere al di sotto di 50-60
            esemplari, ne deriva che occorrono territori boscati dell’ordine di 150-
            250mila ettari. Ma forte è la frammentazione dei nostri boschi, attraver-
            sati sovente da strade e barriere che ne impediscono la continuità e
            delimitano delle vere e proprie “isole faunistiche”.
               È necessario stabilire, con adeguati interventi di ripristino ambienta-
            le e con collaudate tecniche selvicolturali, dei corridoi di collegamento
            tra le diverse zone, per dare continuità boscata all’intero territorio
            (Molinari, 1996).
               Questi predatori necessitano anche di ambienti tranquilli, scarsa-
            mente frequentati; è per questo che la foresta e le aree a parco svolgo-
            no un’essenziale funzione di copertura e di diffusione.
               Nelle zone dove non sono presenti i normali predatori delle popo-
            lazioni di ungulati selvatici, è necessario intervenire con la caccia di
            selezione o con il prelievo selettivo, in modo da regolare, a seconda
            delle diverse situazioni, la distribuzione dei capi per sesso e per età,
            mantenendo la densità prossima ai valori di sostenibilità. Così operan-
            do si eviteranno tutte quelle forme di danno e di regressione della sta-
            zione che un carico animale può arrecare quando diviene squilibrato
            rispetto alle disponibilità alimentari fornite e prelevate dal bosco
            (Corrado, 1987).
               Un piano per la gestione faunistica definisce “in primis” la capacità
            faunistica di un determinato territorio, attraverso rilevamenti, censi-
            menti, informazioni e ricerche che permettono di individuare le zone
            di diffusione e riproduzione delle diverse popolazioni faunistiche.
               L’adozione di appositi piani di gestione faunistica, interagenti e con-
            correnti a quelli più prettamente forestali, è lo strumento operativo
            appropriato. Tali piani dovrebbero interessare “in primis” i terreni di
            proprietà pubblica, le aziende faunistico-venatorie, le oasi di protezio-
            ne e rifugio della fauna, le zone di ripopolamento e cattura della selvag-
            gina, insistendo su oltre 6 milioni di ettari, in massima parte boscati.     .2
            Così operando è possibile evitare che vi siano sovraccarichi di ungula-      oI-n
            ti selvatici e che questi possano produrre danni gravi ed irreversibili alla  n
                                                                                         n
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