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Il bosco e la fauna


                  Un problema abbastanza frequente nelle foreste di numerosi Paesi
               europei ed extraeuropei, ma che già si sta affacciando anche in alcune
               nostre zone, è quello dei danni provocati alla vegetazione e al patrimo-
               nio forestale dalle specie selvatiche più specializzate o dotate di mino-
               re competitività, venendosi a trovare in situazioni modificate per ali-
               mentarsi, riprodursi, difendersi, svernare.
                  I danni provocati dal cinghiale sulla fitocenosi forestale consistono
               nella diminuzione della biomassa vegetale, mentre per quanto attiene
               l’impatto sulla variabilità floristica le opinioni sono discordi: il terreno
               subisce ampie “arature”, provocate dallo sgrufolare del cinghiale alla
               ricerca di tuberi, radici e di piccoli mammiferi quali talpe, arvicole, larve
               di coleotteri e questo comportamento ostacola la rinnovazione natura-
               le, come è stato riscontrato nella riserva di San Rossore (Casanova,
               1988), proprio a causa di una eccessiva presenza di queste popolazioni.
                  Le buche scavate possono essere di 50-60 metri di diametro e l’“ara-
               tura” può essere di molte decine di metri quadrati (Massei e Toso,
               1993).
                  I danni causati dai cervidi sono dovuti allo scortecciamento, caratte-
               ristico nelle aree di svernamento delle popolazioni di cervo a forte den-
               sità; al brucamento degli apici vegetativi dei rami e dello strato arbusti-
               vo, con conseguente pericolo per la rinnovazione e per la selettività
               nelle preferenze alimentari, in particolare verso i ribes ed i sorbi; allo
               sfregamento delle corna sui tronchi e sui rami, quando i cervidi maschi
               demarcano la loro territorialità e al momento del cambio del velluto
               (Ballon, 1995; Motta e Quaglino, 1989; Casanova, 1988).
                  È stato calcolato come nella foresta disetanea mista di conifere e
               latifoglie il danno sostenibile ed ammissibile alle piante non debba
               superare il 30% (Eiberle e Nigg, 1987).
                  L’intensità dello scortecciamento è direttamente proporzionale al
               sovrappopolamento, ossia quando si supera la capacità portante dell’area
               su cui insiste quel determinato popolamento (Bruno e Lovari, 1998).
                  I danni che i cervidi possono arrecare nel periodo invernale, per
               soddisfare le loro necessità alimentari, scortecciando le piante, sono
          A
          n
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               particolarmente gravi in quei boschi dove il potenziale di rinnovazione
               è limitato, come nel caso delle cembrete.
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