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La tutela dell’ambiente tra diritto penale e diritto amministrativo


            emblematica contraddizione. Emblematica perché, in mancanza di una
            specifica professionalità dei soggetti chiamati ad accertare gli illeciti  FOCUS
            ambientali e di un loro stabile inserimento nelle sezioni di polizia giu-
            diziaria, anche l’introduzione nell’ordinamento di fattispecie fortemen-
            te connotate, come il delitto di “ecomafia” o come quello di “associa-
            zione per delinquere contro l’ambiente”, sarebbe del tutto vana.






            Note


            1  Il travagliato dibattito sulla portata ed il significato della tutela dell’ambiente nel nostro
            ordinamento si è, recentemente, arricchito di alcuni ulteriori spunti forniti dalla Corte
            Costituzionale, che ha avuto modo di sottolineare come la tutela dell’ambiente rappresenti
            più che una materia, un compito nell’esercizio del quale lo Stato conserva il potere di detta-
            re standard di protezione uniformi validi in tutte le Regioni e non derogabili da queste (cfr.
            sentenze nn. 307 e 308 del 2003). Da sottolineare pure le iniziative volte a modificare il det-
            tato dell’articolo 9 della Costituzione, per inserirvi una esplicita menzione dell’ambiente. Il
            disegno di legge costituzionale n. 553, d’iniziativa dei senatori Specchia, Nania, Zappacosta,
            Battaglia e Mulas, prevede la modifica dell’attuale testo con il seguente: «Tutela l’ambiente
            naturale in tutte le sue forme, il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione».
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              Un altro profilo di novità è rappresentato dal sistema sanzionatorio delineato dalla
            Decisione Quadro, che, fermo il principio che le sanzioni debbano essere “effettive, propor-
            zionate e dissuasive”, riserva quelle detentive ai casi più gravi, mostrando una chiara prefe-
            renza per le pene a contenuto interdittivo (il divieto di esercitare attività che richiedono auto-
            rizzazioni o licenze ed il divieto di fondare, gestire o dirigere enti), ancorché considerate
            semplici pene accessorie.
            3  Commissione istituita con Decreto Interministeriale del 23 novembre 2001.
            4  Il progetto di codice penale supera il binomio delitti-contravvenzioni caratteristico del
            codice Rocco prevedendo un’unica categoria di reati, nella quale vengono inglobate anche le
            poche contravvenzioni non depenalizzate.
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              Le pene principali si distinguono in: a) pene detentive o restrittive della libertà personale;
            b) pene interdittive; c) pene prescrittive; d) pene ablative. Le pene principali interdittive sono
            perpetue o temporanee. La pena interdittiva perpetua è ragguagliata ad anni quattro di reclu-
            sione; le pene interdittive temporanee sono ragguagliate alla reclusione di durata corrispon-
            dente. Sono pene principali interdittive: a) l’interdizione o sospensione dai pubblici uffici; b)
            l’interdizione o sospensione da una professione, da un’attività di impresa o da un mestiere;  .2
            c) l’interdizione o sospensione dall’esercizio di funzioni gestionali o di controllo di persone
            giuridiche, enti, associazioni o imprese; d) la revoca o sospensione di licenze, concessioni,  oI-n
            autorizzazioni amministrative o altre abilitazioni; e) la decadenza o sospensione della pote-
            stà di genitore. Le pene prescrittive sono ragguagliate, agli effetti della conversione, secondo  n
                                                                                         n
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