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Piccola, grande Italia


            garantire più conoscenza per tutti e per tutto l’arco della vita. La
            scuola è solo il primo gradino. Servono strutture, servizi e aggre-
            gazioni amministrative che connettano i piccoli comuni in base
            a originali criteri di omogeneità e vocazione territoriale, inven-
            tando anche formule che oggi non sono sul tavolo. Oltre a scuo-
            le e centri educativi territoriali, serve facilitare l’accesso a biblio-
            teche, musei, cineforum, convegni, internetpoint, servono occa-
            sioni di relazioni sociali per rendere concreti i processi parteci-
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            pativi, per dirla con Marianella Sclavi serve garantire “il pubblic
            learning, cioè spazi e strutture organizzative che consentono agli atto-
            ri locali di continuare ad ascoltarsi e di considerare importante il reci-
            proco protagonismo”. Occorre fornire i territori “di quelle reti di
            intelligenza diffusa di saperi e di competenze che permettono una qua-
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            lità della vita adeguata” , in grado di far riaggregare le relazioni
            tra luoghi, persone e comunità, creando occasioni di confronto,
            di relazione, di scambio, in un processo di apprendimento (in
            senso antropologico) permanente, sorretto da quelle che potrem-
            mo chiamare le infrastrutture dolci.
            Insomma, se non si spreca la crisi (quella economica, ma anche
            quella energetico-climatica e quella di un territorio sempre più
            saturo e insicuro) i luoghi piccoli possono assumere un nuovo
            protagonismo. Su questo terreno si presenta in tutta la sua
            urgenza la necessità di approfondire quanto la Commissione,
            voluta dal presidente Sarkozy e guidata dal premio nobel Sti-
            glitz, ha posto all’attenzione internazionale (riprendendo molte
            delle riflessioni proposte negli ultimi anni dal movimento
            ambientalista), ovvero l’urgenza, per le società contemporanee,
            di superare la valutazione puramente quantitativa della ricchez-
            za per scandagliare la dimensione del benessere e cogliere tutte
            le connessioni tra benessere e ricchezza, denunciando, finalmen-
            te, l’inadeguatezza di indicatori quali il Pil. Servono nuovi stru-
            menti, nuovi indicatori per valutare il benessere reale di una
            popolazione. È ormai davanti agli occhi di tutti il paradosso a
            cui la vecchia scuola di pensiero sta portando: se un ingorgo di
            traffico fa aumentare il Pil, c’è davvero qualcosa che non funzio-
            na in quel sistema di misurazione. Oggi è più diffusa la consa-

            4 Marianella Sclavi, Avventure Urbane- progettare la città con gli abitanti, Elèuthera, Milano, 2002.
            5 Giuseppe De Rita, Aldo Bonomi, ibidem.

                                                             SILVÆ - Anno VI n. 13 - 83
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