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Piccola, grande Italia


                  pevolezza che benessere e Pil si sono disaccoppiati e che non è
                  più possibile leggere il secondo come indicatore del primo. La
                  qualità dei luoghi non si traduce immediatamente in ricchezza,
                  ma, ciò nonostante, rimane un fattore attrattivo fondamentale,
                  che produce stabilità e coesione, e quindi apre le porte al futuro
                  (non molto di diverso da quanto sostenuto dal sociologo statu-
                  nitense Florida quando teorizza le tre T come fattore di sviluppo
                  di un territorio nell’era della globalizzazione: talento, tecnologia,
                  tolleranza). Perché le comunità siano capaci di affrontare la
                  nuova relazione tra locale e globale serve una nuova e più soli-
                  da qualità culturale dei territori.
                  Una conferma ci viene in campo ambientale dall’emergenza glo-
                  bale per antonomasia: la lotta ai cambiamenti climatici. Per pro-
                  muovere politiche di adattamento e mitigazione dei cambiamenti
                  climatici, serve certamente un accordo globale vincolante, ma al
                  contempo senza politiche concrete sul territorio, che sostengano e
                  sollecitino nuove produzioni e nuovi stili di vita, gli stessi accordi
                  internazionali sarebbero senza gambe. Queste politiche locali
                  hanno bisogno di consapevolezza e disponibilità a cambiare da
                  parte delle singole persone: è un problema culturale. Anzi, possia-
                  mo anche dire che ci sono ambiti per cui le politiche e le trasfor-
                  mazioni locali possono comunque produrre cambiamenti signifi-
                  cativi anche in assenza di accordi internazionali. Basti pensare a
                  questo proposito al Patto dei Sindaci europeo o a politiche fiscali
                  che spostino il prelievo fiscale dal lavoro e dall’impresa al consu-
                  mo delle risorse, liberando gli enti locali dal ricatto degli oneri di
                  urbanizzazione, trovando invece meccanismi premiali per il con-
                  tributo che le amministrazioni danno alla riduzione delle emissio-
                  ni di CO con l’assunzione di misure di loro competenza (dai rego-
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                  lamenti edilizi all’organizzazione della mobilità). Questo darebbe
                  un grande impulso alla diffusione di un modello energetico basa-
                  to sulla generazione distribuita e sull’uso delle fonti rinnovabili,
                  che vuol dire ancora una volta gestione del suolo, delle risorse
                  locali (basti pensare alla filiera corta per le biomasse), dei beni pub-
                  blici, con l’effetto che le comunità si approprierebbero contestual-
                  mente delle nuove tecnologie. Ma lo stesso vale per l’edilizia, che
                  è oggi di fronte ad un bivio davvero interessante, da un lato pro-
                  seguire nel modello anni Cinquanta, bassa qualità e alto consumo



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