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Piccola, grande Italia
di suolo, oppure accettare la sfida tecnologica e professionale della
qualità energetica del nuovo, della riqualificazione e della manu-
tenzione dell’esistente. Non è un caso che su questo fronte di inno-
vazione e modernità in Italia sono proprio i piccoli comuni a occu-
pare i primi posti delle classifiche nelle energie rinnovabili e nel
trattamento dei rifiuti.
Un altro esempio è dato dal costante riprodursi in diverse aree
del paese del rischio idrogeologico. Rischio “naturale” per il
nostro Paese, vista la sua fragilità geologica, aggravato dal deva-
stante consumo di suolo, sempre più cementificato, e dalla dif-
fusione di abitazioni, quartieri, impianti industriali costruiti in
aree golenali e di esondazione dei fiumi (più del 70% dei comu-
ni riconosciuti come aree a rischio, presenta fenomeni di questo
tipo). E la natura, come dimostra la tragedia di Giampilieri del-
l’autunno 2009, mantiene buona memoria dei suoi percorsi sto-
rici e quando serve se li riprende, anche con la violenza. L’im-
permeabilizzazione di aree sempre più vaste, che modifica il
deflusso in superficie delle acque, rende l’ecosistema naturale
più rigido, che, come ogni scolaretto sa, è anche un ecosistema
più fragile, perché meno capace di differenziare e articolare le
risposte ai fenomeni naturali che lo investono. Così perdiamo
bellezza ed insieme accresciamo le situazioni di rischio per le
persone, riducendo la capacità naturale degli ecosistemi di adat-
tarsi all’evoluzione dei contesti. Producendo, per altro, la perni-
ciosa illusione tecnocratica che le società umane possano essere
indifferenti alla loro base naturale. Invece la difesa del suolo è
fatta di previsione e prevenzione, ovvero di persone che presi-
diano il territorio (una volta, prima della fuga dei campi, era il
ruolo degli agricoltori di collina) e di tecnologie in grado di
monitorarlo, insieme a nuove politiche che non hanno bisogno
di emergenza e straordinarietà, ma della saggia gestione ordina-
ria delle aree a rischio e del territorio nel suo complesso. Anche
questa è una sfida che vede i piccoli comuni tra i soggetti più
esposti e più utili, perché garantire le condizioni di vivibilità nei
territori diversi dalle grandi conurbazioni vuol dire salvaguar-
dare l’equilibrio territoriale, accrescere la sicurezza idrogeologi-
ca, valorizzare il paesaggio e la biodiversità, naturale e cultura-
le. Un discorso che vale anche per l’agricoltura che proprio nei
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