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Piccola, grande Italia


                  in tempo gli effetti degli tsunami e capire come intervenire. Non
                  spetta a me, e certo non è nelle mie competenze, sostituirmi al
                  Ministro dell’Economia né tanto meno misurarmi con gli econo-
                  misti e le loro controverse teorie. Piuttosto penso sia utile provare
                  a sollecitare la riflessione su alcune caratteristiche del nostro Paese
                  e dei nostri territori nel contesto globale in cui ci muoviamo per
                  capire se oggi si aprono nuove opportunità, se ci sono direzioni di
                  marcia fruttuose. Per altro autorevolmente sorretti dal rapporto
                  Censis di fine 2009, dove con grande chiarezza si indica nella
                  tenuta dell’Italia dei territori il punto di forza del nostro Paese, su
                  cui far leva non solo per resistere alla crisi, ma anche e soprattut-
                  to per rilanciare un modello originale di sviluppo, in grado di
                  tenere il passo con l’evoluzione globale della geopolitica.
                  Innanzitutto, intendiamoci sul significato di “piccolo”. Certa-
                  mente non è il caso di cedere a tentazioni naif, che dietro a slo-
                  gan, per altro un po’ anacronistici, del tipo “piccolo è bello”
                  nascondono visioni marginali e minoritarie, di astratta testimo-
                  nianza. Si tratta, piuttosto, di capire, in rapporto al contesto com-
                  plessivo, quali sono le potenzialità e quali le azioni concrete e
                  utili che si possono mettere in campo. Partendo dalle molte cose
                  buone che si stanno già facendo e senza sottovalutare la forza
                  che possiamo mettere in campo.
                  In altre parole, quali sono le condizioni che oggi possono affida-
                  re al “piccolo” un ruolo strategico propositivo e, forse, fondativo
                  di un nuovo sviluppo e rilancio del nostro Paese?
                  Procediamo con ordine. Oggi quando parliamo di “piccolo” non
                  parliamo del marginale, del residuale, di ciò che ci rimane del pas-
                  sato e che va difeso e conservato, se ne vale la pena. Piuttosto stia-
                  mo cercando di capire quali siano quelle esperienze, imprenditoria-
                  li, amministrative e sociali, che, in qualche modo, possono essere
                  ricondotte ad una scala che non è né quella della grande industria
                  né quella urbana. Parliamo perciò di territori fino a ieri considerati
                  marginali e destinati all’abbandono e all’oblio, di fronte al prepo-
                  tente successo della civiltà della pianura e delle metropoli. Territori
                  presidiati quasi sempre da piccoli comuni, da attività artigianali, da
                  esperienze imprenditoriali di qualità, spesso di grande prestigio e
                  ad alto tasso tecnologico, in ambito rurale, turistico, industriale. Ter-
                  ritori che, soprattutto in alcune aree del Paese svolgono un ruolo



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