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Il maltrattamento degli animali e le pene accessorie


               La prima fattispecie considerata consiste nel cagionare una lesione,
            sulla falsariga del reato di cui all’art. 582 c.p. “lesione personale”, dun-
            que è importante analizzare la portata del termine lesione per capire la
            portata applicativa della norma. È ormai consolidato che il concetto di
            lesione utilizzato dal legislatore possa essere individuato attraverso gli
            stessi criteri che qualificano le lesioni in altre disposizioni del codice
            penale, come ogni apprezzabile diminuzione dell’integrità psicofisica del-
            l’animale. Nella sentenza del Tribunale Penale di Torino in composizione
            collegiale del 25 ottobre 2006 i giudici confermano che le lesioni, di cui si
            parla nell’articolo indicato, non sono necessariamente fisiche (comunque
            presenti negli animali sequestrati e poi confiscati): basta infatti anche la
            mera sofferenza dell’animale causata da una condotta omissiva di abban-
            dono ed incuria degli animali di cui si è responsabili e ‘garanti’, in quan-
            to la norma mira a tutelare gli animali quali esseri viventi in grado di per-
            cepire dolore (Cass. Pen.3/12/2003 n. 46291). A tale tesi accedeva anche
            la giurisprudenza di legittimità più consolidata fin dal 1998, che riferen-
            do in ordine al reato in esame, rilevava che per la configurabilità dello
            stesso “non è necessaria la lesione fisica dell’animale essendo sufficiente
            una sofferenza, in quanto la norma mira a tutelare gli animali quali esse-
            ri viventi capaci di percepire con dolore comportamenti non ispirati a
            simpatia, compassione ed umanità”(cfr. ex multis, Cass. pen. 3 dicembre
            2003, n. 46291). Dunque la nuova legislazione sul maltrattamento non
            prevede la necessità di una lesione all’integrità fisica, essendo sufficiente
            una lesione di tipo ambientale e comportamentale derivante da condotta
            attiva o omissiva, aspetto molto importante per l’accertamento del reato
            sul campo da parte degli operatori di settore (Autorità Giudiziaria e Poli-
            zia Giudiziaria, guardie zoofile volontarie, medici veterinari ed enti espo-
            nenziali). A conferma di tale assunto anche la Cassazione Penale sezione
            III n 25229/05 che ha rinvenuto il concorso formale dei reati di cui agli
            articoli 544 ter c.p. e 727 comma II c.p. per la condotta omissiva del
            gestore di un canile che deteneva i propri cani in stato di denutrizione in
            celle fatiscenti buie ed anguste, nonché il Tribunale di Montebelluna che
            ha emesso decreto penale di condanna (DPC 14.6.2006) per maltratta-
            mento di animali dovuta alla condotta omissiva nei confronti di due
            husky privati di acqua cibo luce e cure, ed il Tribunale di Monza il
            23.11.2006 che ha condannato ex art. 544 ter c.p. un cacciatore colpevo-
            le di aver tenuto in assoluto degrado il suo cane da caccia.
               In merito alla condotta di sottoposizione a sevizie o a fatiche o a com-
            portamenti insopportabili per le caratteristiche etologiche rifluite dal-
            l’art. 727 c.p., la sevizia si contraddistingue per la brutalità dell’azione.
            Il secondo comma dell’articolo in esame prevede poi per la prima volta il

                                                              SILVÆ - Anno V n. 11 - 19
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