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Il maltrattamento degli animali e le pene accessorie


                  rango di delitti con conseguente innalzamento delle pene e dei termini di
                  prescrizione, mentre l’art. 727 c.p. resta a disciplinare la fattispecie di
                  abbandono degli animali e detenzione in condizioni incompatibili, come
                  illecito contravvenzionale con termine di prescrizione da 3 a 4 anni e
                  mezzo in caso d’interruzione. Non è invece incorporato nel codice pena-
                  le il divieto di commercializzazione di abiti confezionati con pelliccia di
                  cane e gatto, anch’esso punito a titolo di contravvenzione.
                     Le sanzioni diventano così molto più incisive, finalmente l’uccisione
                  ingiustificata di animali propri è reato, seppur attuate senza gravi soffe-
                  renze e la somministrazione di sostanze stupefacenti o la sottoposizione a
                  trattamenti che ne procurano un danno alla salute degli stessi, le scom-
                  messe ed i combattimenti tra cani sono fortemente sanzionati.
                     È inoltre prevista la confisca obbligatoria degli animali oggetto di tali
                  reati, anche in caso di patteggiamento e dunque anche il sequestro pre-
                  ventivo degli stessi ai sensi dell’art. 321 c.p.p. co. III bis.
                     Le quattro ipotesi delittuose introdotte nel capo IX bis del codice pena-
                  le rubricato dei “Delitti contro il sentimento per gli animali” sono certa-
                  mente da considerarsi reati plurioffensivi, da un lato tali reati arrecano
                  un danno al sentimento di pietà che la comunità prova per gli animali, dal-
                  l’altro producono ipso facto anche la lesione dell’animale stesso. A soste-
                  gno di tale interpretazione è l’indirizzo maggioritario giurisprudenziale,
                  ex multis si veda la sentenza del Consiglio Stato per cui “per opinione tra-
                  dizionalmente accolta, le regole poste dall’ordinamento giuridico in mate-
                  ria di tutela degli animali, in via di puro principio non proteggono gli ani-
                  mali da forme di maltrattamento, abbandono ed uccisione gratuita bensì
                  il comune sentimento di pietà che l’uomo prova verso gli animali e che
                  viene offeso da forme di incrudelimento verso gli stessi; tuttavia, in via
                  interpretativa adeguata all’evoluzione dei costumi e delle istanze sociali in
                  tema naturalistico, le norme  de quibus devono intendersi anche come
                  dirette a tutelare gli animali da forme di maltrattamento, abbandono ed
                  uccisioni gratuite in quanto esseri viventi capaci di reagire agli stimoli del
                  dolore” [Consiglio Stato  sez. V, 27 settembre 2004, n. 6317].
                     A tal fine può essere utile premettere come i giudici di legittimità
                  hanno più volte sottolineato come tra il reato di cui all’art. 727 c.p. ante
                  riforma e quello previsto dall’art. 544 ter c.p. sussista continuità norma-
                  tiva non solo per l’identità della rubrica (Maltrattamento di animali), ma
                  anche perchè sono rimaste identiche le condotte punibili (così Cass. Pen.
                  Sez. III, 21/12/2005 sentenza n. 46784), con ciò evidentemente aderendo
                  alle precedenti interpretazioni giurisprudenziali per cui bene giuridico è
                  sempre stato considerato in via formale il sentimento verso gli animali,
                  ma in via mediata l’animale stesso.


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