Page 271 - orientamento I bozza
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Imparare dalla catastrofe. Riflessioni sul senso odierno del male e della prevenzione ambientale
quanto non sembri. Lo scomodo principio, per il quale la mancanza di una
certezza scientifica circa i rischi e la probabilità di future catastrofi non
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deve essere addotta come scusa per non fare nulla , rimane spesso ina-
scoltato, così com’è riduttivo pensare che debbano essere accolti soltanto
gli allarmi lanciati dalla comunità scientifica, o formulati nel linguaggio
della scienza odierna. Le statistiche e i modelli probabilistici sono di certo
utili, ma sono per lo più rassicuranti e non spingono verso un nuovo spi-
rito cautelativo. Ad esempio, anche se la probabilità di un disastro nuclea-
re in una centrale di ultima generazione è prossima allo zero, ciò non toglie
che l’evento sia sempre possibile; che tale valore sia vicino alla certezza
assoluta o allo zero, non muta lo statuto dell’evento; il nostro compito
diventa perciò un altro, ed è quello di lavorare sulle condizioni sine qua non,
sui requisiti necessari e sufficienti perché la catastrofe non accada. Questa
forma di prudenza riconosce la catastrofe come tale – non come una pos-
sibilità remota – né chiede di riuscire a immaginare «l’impossibile», ma
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semplicemente di riconoscere, come ha scritto Nassim Nicholas Taleb ,
che «la razza umana è affetta da una sottovalutazione cronica della possi-
bilità che il futuro si allontani da un percorso inizialmente previsto».
Tuttavia l’ottica utilitaristica è sempre pronta a rinegoziare il valore
del principio di precauzione in nome dei benefici economici che deri-
vano dalla possibilità d’intraprendere dei rischi; il tornaconto economi-
co monetario, il rapporto rischi-benefici, è la sola motivazione trovata
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perché il principio di precauzione resti lettera morta . Questa va anno-
verata come la prima responsabilità dell’uomo nei confronti delle situa-
zioni causate dallo scatenarsi dei fenomeni naturali. Attuare una sorta
di rivoluzione che recuperando il concetto metafisico di futuro e quel-
lo etico di responsabilità sappia costruire percorsi di attenzione nei
confronti di tutta la natura e dell’uomo, è invece fondamentale. La
nuova – e necessaria – «moralizzazione» del genere umano può fare a
meno dell’ottimismo e del pessimismo ma deve, con lucidità, ricono-
scere la propria finitezza, avviando percorsi capaci di colmare i bisogni
generati dallo stato naturale dell’uomo, caduco e precario.
16 Cf. J. BOYKOFF, M. BOYKOFF, An Inconvenient Principle, in “CommonDreams.org”, 6 luglio
2006, http://www.commondreams.org/views06/0706-26.htm
17 Cf. N.N. TALEB, Il Cigno nero. Come l’improbabile governa la nostra vita, Il Saggiatore, Milano
Anno
2008.
IV
18 Entro quest’ottica si muove l’ultimo lavoro di B. LOMBORG, Stiamo freschi. Perché non dobbia-
-
mo preoccuparci troppo del riscaldamento globale, Mondadori, Milano 2008.
n.
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