Page 269 - orientamento I bozza
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Imparare dalla catastrofe. Riflessioni sul senso odierno del male e della prevenzione ambientale
di una parte delle disgrazie che ci opprimono. Questa natura evidente-
mente non è quella fisica, ma è una natura in qualche modo «morale»:
è una concezione del mondo naturale che imita la morale. Non si può
allora spiegare il male se non con parole che ricordano un’aggressione
all’ordine naturale del mondo. Le prove che dimostrano il bisogno
odierno di assegnare la responsabilità delle catastrofi alla natura, anche
di quelle che non sono naturali, sono facilmente rintracciabili: la Shoah
o la minaccia nucleare apparsa nel XX secolo, hanno in comune il fatto
di avere «gettato» il male morale nel mondo della natura.
Ad esempio, la scelta di chiamare l’olocausto «shoah», termine che
alcuni rabbini hanno trovato nella Bibbia, è assai indicativa. Shoah
significa «catastrofe», «distruzione», ma si riferisce a una catastrofe
naturale. Uno tsunami è un fenomeno di shoah, non uno sterminio. La
scelta di tale nome, testimonia la volontà di non voler riconoscere la
tragedia per quello che è; è esempio dell’umana impossibilità di razio-
nalizzare un male, o indice della volontà d’incomprensione, volontà di
non capire quando ciò non è possibile, al punto di paragonare l’an-
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nientamento del popolo ebraico ad una catastrofe naturale .
Altra prova è data dai resoconti dei sopravvissuti allo sgancio delle
bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki, il 6 e 9 agosto del 1945.
Anders fu molto segnato dall’evento, e raccolse le testimonianze dei
superstiti nel testo Diario di Hiroshima e Nagasaki (1958). Il filosofo tede-
sco arrivò a concludere che si potesse paragonare Hiroshima ad
Auschwitz, in quanto una volta superati i limiti morali, nessuna etica ha
categorie in grado di valutare ciò che è successo. Essendo la razionaliz-
zazione impossibile, i sopravvissuti di Hiroshima parlano sempre della
catastrofe «come di un terremoto, di uno tsunami o di un meteorite».
Non si tratta dunque di una semplice assenza di linguaggio, o di utilizzo
d’espressioni sinonimiche, ma del compimento del processo avviato dal-
l’epoca moderna: apparentemente abbiamo proiettato il male fuori dalla
sfera degli uomini, facendo della natura una potenza distruttiva sempre
pronta a piombare addosso all’umanità, ma continuiamo implicitamente
a credere nell’esclusiva radice morale della catastrofe pur proiettando tale
immensa responsabilità nell’ordine naturale degli eventi.
Sostiene dunque Dupuy: «il catastrofismo illuminato è un’astuzia
che consiste nel dividere l’umanità dalla propria violenza facendo di
Anno
IV
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14 C. LANZMANN, Hier ist kein Warum, in Le Mal, ed. par J.B. Pontalis, Gallimard, Paris 2002.
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