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Le vespe: un caso di sociogiologia culturalmente mediato



               ogni paese la popolazione è somma di diaspore, aggregato di profonde
               diversità culturali, crogiolo di razze, coacervo di caleidoscopici stili di
               vita. Ad eccezione di poche enclaves totalitarie, gli stati moderni, rag-
               giunta la fase del nation-building, sono ormai più interessati (ancorché
               obbligati) ad assimilare (atteggiamento antropofago) gli stranieri in arrivo,
               piuttosto che a marginalizzarli e discriminarli secondo spinte centrifu-
               ghe (tendenza antropoemetica). Non c’è luogo sul pianeta che possa sot-
               trarsi a questa sfida, ogni società è destinata a piegarsi sotto l’egida di
               questa sfida globale, nessuna difesa sarà efficace. I protagonisti dell’era
               della modernità liquida non rivendicano più un formale e ormai svuo-
               tato diritto all’uguaglianza, quanto, piuttosto, la necessità di rimanere
               (in quanto si è) differenti (senza che questo significhi vedersi negati
               dignità e rispetto), non sognano un mondo migliore ma chiedono un
               posto tollerabile e tollerato in questo mondo.
                  Già Immanuel Kant (in Per la pace perpetua, 1795) aveva predetto che
               la costruzione di regole di reciproca ospitalità sarebbe divenuta una
               emergente necessità per la specie umana.
                  Le differenze tendono a dissolversi nella diffusa coabitazione allar-
               gata della società post-moderna: “…ormai siamo tutti o lo stiamo
               diventando come le vespe di Panama…”, ammonisce Bauman. E,
               giova sottolinearlo di nuovo, alle vespe d’oltreoceano il destino ha riser-
               vato l’onore di essere riconosciute come la prima entità sociale a cui è
               stata applicata una cornice cognitiva emergente e ancora in attesa di
               pieno riconoscimento.
                  La nuova società creolizzata manca di un centro autoritario. Vivere
               senza un centro, ovvero in assenza di un centro ordinatore globale,
               assurge a nuova dimensione socio-politica. Si impone la necessità di
               metabolizzare il nuovo diktat. “La centralità del centro è stata smantel-
               lata”, scrive Bauman. Le mappe politiche del mondo con i territori
               colorati dovranno usare colori facili da cancellare ed usarli con parsi-
               monia: panta rei (tutto scorre osservava Eraclito). Le oltre 200 unità
               sovrane del pianeta terra ricordano sempre di più i 33 alveari di Pana-
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               ma .
                  Ancora in tema di parallelismi con il mondo degli insetti sociali Bau-
               man effettua un importante rimando alla teoria sistemica delle reti.
               Decisamente à la page, la teoria delle reti calza alla perfezione la fluida
         Anno
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               19 Ibidem.
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