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Il riciclaggio del denaro di provenienza illecita connesso alla gestione dei rifiuti ferrosi
caratterizzate da quegli indici di anomalia elencati dalla Banca d’Italia
nelle proprie “Istruzioni operative per l’individuazione delle operazio-
ni sospette” emanate in data 12 gennaio 2001.
In questo contesto appare significativo segnalare alcuni esiti della
operazione “Russian” condotta da reparti del Corpo della Guardia di
Finanza. Le indagini di polizia giudiziaria, avviate a seguito dell’emer-
sione dei primi gravi illeciti di natura fiscale, consentirono di portare
allo scoperto un’organizzazione criminale resasi responsabile del rici-
claggio di denaro sporco proveniente dai traffici perpetrati dalla mafia
russa e dal loro parziale reimpiego nell’economia legale, mediante l’uti-
lizzo delle imprese gestite in Italia dal cittadino russo responsabile del-
l’organizzazione. Una delle tecniche prevedeva che un’impresa italiana,
amministrata da un cittadino russo, simulasse di acquistare da una
società ucraina dei rottami ferrosi. Il pagamento di tali rifiuti veniva
effettuato ad una società belga, che era l’incaricata di simulare il noleg-
gio delle navi atte a trasportare il materiale ferroso. Il denaro di fatto
affluì su conti bancari accesi in Lussemburgo ed intestati alla società
belga o ad imprese residenti in paradisi fiscali. Tra queste ultime figu-
ravano, tra l’altro, due società, una residente nelle Isole Marshall, la
seconda nelle Isole Vergini Britanniche riconducibili alla mafia russa,
come la società belga, e note a diverse polizie europee come imprese
utilizzate dalla mafia russa per operazioni di riciclaggio. Anche in que-
sto caso gli investigatori accertarono l’omessa segnalazione, da parte di
un istituto di credito, di operazioni sospette ai fini del riciclaggio.
Ancora, si riportano gli esiti dell’operazione “Waste paper”, in ita-
liano “carta straccia”, condotta dalla Guardia di Finanza di Monza lo
scorso 14 luglio 2007. Le indagini di polizia giudiziaria hanno consen-
tito la scoperta di una società , “la Metalberio”, con sedi a Monza e Lis-
sone, che formalmente commerciava in rottami ferrosi ma che in realtà
era solo una “cartiera”, la cui attività era la produzione di false fatture
che avevano per scopo l’evasione fiscale da parte di ben 16 aziende,
con sedi in Brianza, nel Bresciano, in Piemonte e in Veneto, operanti
nel settore dei rottami metallici, per conto delle quali la “Metalberio”
faceva da intermediario per l’acquisto dei rottami all’estero. In questo
caso si accertava il riciclaggio realizzato con il mascheramento dell’ille-
cito provento su conti bancari intestato ad un prestanome, la moglie
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del titolare della società, con il successivo reinvestimento dei profitti in
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polizze assicurative.
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