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La sacralità dell’agricoltura


            l’energia di cui essa è portatrice per l’accrescimento della vitalità presente
            nei semi delle piante, nelle zolle, nell’acqua della pioggia, nei geni della
            vegetazione, significava entrare in contatto con il sacro. Ed è per questo
            che l’agricoltura fin dai suoi albori e per un lunghissimo periodo è stata
            contraddistinta, oltre che dalla durezza della sua pratica, dalla bellezza e
            dalla forza dei suoi rituali. Rimasti quasi intatti, almeno a livello di folklo-
            re, fino ad oltre la metà del secolo scorso in tutte le società agricole del-
            l’intero pianeta. Ma in taluni villaggi, i più isolati, credenze e usanze
            sopravvivono ancora, molto purtroppo è andato perduto, probabilmente
            per sempre. Approfondite ricerche etno-antropologiche e storico religio-
            se, svolte anche in un passato non troppo lontano presso le società agra-
            rie in Europa, mostrano l’agricoltore con le caratteristiche tipiche del
            sacerdote, vive in luoghi pregni di sacralità, compie atti “creativi” e impor-
            tanti perché si collocano in un ciclo cosmico: l’anno, le stagioni, il tempo
            della semina, quello dell’attesa e del raccolto. Il “tempo” ha un’importan-
            za fondamentale nell’esperienza religiosa di chi svolge l’attività dei campi.
            La forte solidarietà tra le società agrarie e i cicli temporali chiusi sono il
            motivo delle numerose cerimonie legate al commiato dell’anno vecchio e
            ai festeggiamenti per l’arrivo di quello nuovo, all’espulsione dei “malanni”
            e alla rigenerazione dei “poteri” della vegetazione. Sono questi i periodi in
            cui i riti cosmici mostrano la loro coerenza e aumentano la loro efficacia.
            È qui che nasce una concezione positiva dell’esistenza, la morte appare
            come un mutamento transitorio del modo di essere, la stagione invernale
            fredda e buia passerà, seguirà la rigenerazione completa della Natura, la
            vita prosegue assumendo forme nuove. Nulla muore e se muore mai in
            modo definitivo, tutto si rigenera nella natura primordiale, dopo il riposo
            c’è il risveglio vigoroso con l’arrivo della primavera. Certo, questo conso-
            la e non poco, ma i momenti difficili, quelli drammatici, torneranno. In un
            mondo impostato sul ritmo, c’è sempre l’eterno ritorno, le tensioni e il pani-
            co si ripresenteranno, ma la visione religiosa e i rituali ad essa collegati
            sono ottime armi di difesa. L’attività agricola è necessariamente un rito
            perché è svolta sul corpo della Terra Madre, attiva le forze sacre della
            vegetazione, ma è un rito anche perché prevede l’integrazione dell’opera-
            tore in luoghi e tempi che comportano al contempo vantaggi e svantaggi.
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            Il pericolo maggiore è rappresentato dal risentimento dello spirito padro-
            ne del terreno messo a coltura, per evitare tale collera si deve ricorrere a
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