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La sacralità dell’agricoltura


            La “forza” del raccolto
               Il raccolto viene ritenuto la manifestazione di una “potenza” concepi-
            ta a volte in modo impersonale come nel caso delle “potenze” di oggetti
            e atti, o rappresentata in strutture mitiche, o polarizzata in taluni animali
            o in date persone umane. Le cerimonie più o meno complesse servono a
            instaurare relazioni favorevoli tra l’uomo e le forze, ma anche far sì che
            queste ultime possano periodicamente rigenerarsi. A tal fine è diffusa
            l’usanza di non falciare le ultime spighe a beneficio di “quelli che abitano
            sottoterra” o per i “cavalli di Odino” o per la “sposa del grano”
            (Finlandia, Svezia, Estonia, Germania). Nella stessa direzione, cioè quella
            di non far esaurire la forza vivificatrice del raccolto, vi è l’abitudine di non
            prelevare dall’albero gli ultimi frutti, di non svuotare completamente il
            granaio, di restituire qualche goccia d’acqua al pozzo dopo il prelievo per
            evitare che possa disseccarsi, oppure di non tosare perfettamente le peco-
            re, lasciando qualche ciuffo di lana. Le spighe non falciate conservano la
            vitalità della terra e della vegetazione secondo la concezione che la
            “potenza” possa indebolirsi, senza però esaurirsi completamente. Molto
            diffuso e particolarmente interessante il rituale del taglio del primo o del-
            l’ultimo covone del campo, in quel mucchio di spighe, come nelle poche
            spighe di cui sopra c’è la massima concentrazione della forza della vege-
            tazione. La valorizzazione del primo o l’ultimo covone avviene in manie-
            ra diversa e spesso contraddittoria. In alcune regioni gli uomini fanno a
            gara per riuscire a tagliarlo, in altre l’ultimo covone è evitato da tutti e
            quando falciato viene gettato nel campo del vicino. A volte l’ambivalenza
            è tipica della struttura del sacro, la forza del covone può essere favorevo-
            le o avversa, rimane il fatto che c’è, ed è forte perché è la potenza insita
            nella vegetazione.
               Vediamo ora alcune consuetudini tipiche dell’Europa del Nord.
               In alcune zone della Germania il covone realizzato con le prime e le
            ultime spighe viene posto al centro della tavola come portafortuna. In
            Finlandia ed Estonia il primo covone viene portato in casa in processio-
            ne, lo si ritiene capace di allontanare malattie, fulmini e topi, oppure lo si
            mette in bella evidenza nella stanza da pranzo per un giorno e una notte,
            o lo si dà in pasto agli animali domestici per la loro tutela e prosperità.    .1
               In Estonia al primo covone si attribuiscono poteri profetici, attuando      oI-n
            un cerimoniale è possibile per le ragazze sapere chi tra loro si sposerà per   n
                                                                                           n
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