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La sacralità dell’agricoltura


            prima. In Scozia l’uomo che falcia l’ultimo covone, denominato “la fan-
            ciulla”, prenderà moglie entro l’anno, questa interessante possibilità scate-
            na una lotta tra i mietitori per impadronirsene. L’ultimo pugno di spighe
            è chiamato “la sposa” in diversi villaggi della Finlandia e dell’Estonia. Per
            le popolazioni finniche l’ultima fila di spighe detta “culla del bambino”
            porterà un figlio a colei che le legherà in covone. È presente nelle stesse
            zone l’usanza di realizzare con le ultime spighe un enorme covone dal
            quale ricavare semi da mescolare alle sementi per l’anno seguente a garan-
            zia di un abbondante raccolto.
               Le credenze e le usanze fin qui riportate si rifanno ad una concezione
            del raccolto come potenza, come forza sacra, quindi senza la trasfigura-
            zione in personaggio mitico. Ma occorre ricordare che esistono altri ritua-
            li diretti ad una potenza personificata. Fino ad un secolo fa la stragrande
            maggioranza dei contadini d’Europa credeva che il grano fosse abitato da
            uno spirito. Diversi i nomi attribuiti a quest’ultimo: “Madre del grano”,
            “Santa Vergine”, “Madre della spiga”, “Madre del raccolto”, “Vecchia
            prostituta”, “Vecchio” o “Vecchia”, “Barba”, “Barba del redentore”,
            “S. Elia”, “S. Nicola”. L’essere mitico si riteneva fosse racchiuso nell’ulti-
            mo pugno di grano.
               Eliade fa notare che simili concezioni terminologiche si osservano,
            oltre che nell’antico continente, anche in America del Sud, ad esempio in
            Perù troviamo la “Madre del granturco” che “in quanto madre, ha il pote-
            re di produrre molto granoturco”.
               In Indonesia si crede che esista lo “spirito del riso” e si ha il massimo
            riguardo per il fiore del cereale acquatico perché considerato alla stregua
            di una donna gravida.
               Così come in Danimarca e in Germania, all’ultimo covone si dava la
            forma umana e il nome di “la Vecchia” o “il Vecchio”, lo si portava alla
            fattoria per conservarlo fino al raccolto dell’anno dopo o lo si gettava,
            come già detto, nel campo del vicino, la scelta veniva effettuata in base ad
            una visione positiva o negativa. Lo stesso mietitore dell’ultimo covone
            veniva a volte visto come l’essere mitico. La ragazza svedese che tagliava
            le ultime spighe doveva ballare, durante la festa di fine mietitura, con un
            fantoccio formato con esse.
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               Anche in Danimarca c’è pressoché la stessa usanza; qui la ragazza oltre
            a ballare, piange perché “vedova”, è infatti la sposa di un essere mitico
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