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Critica al radicalismo ecologico
ficiali semplificazioni giornalistiche, quando, al contrario, sarebbero
necessarie azioni precise incentrate su politiche concrete e coerenti di
governi seri ed autorevoli.
Inoltre sul concetto di “naturalità” andrebbero chiariti definitivamente
alcuni equivoci alla luce di un semplicissimo quanto necessario quesito:
come mai un essere completamente naturale, qual è l’uomo, ha la possibi-
lità di violare le leggi naturali? Se viola tali leggi, l’uomo non è come gli
altri: egli è l’unico essere vivente che “forma il mondo” anche se ne fa
parte. Il suo ruolo unico è quello di “pastore” dell’essere, di colui che
mette in forma la realtà. La natura dell’uomo è la sua cultura. Ecco perché
quando egli diventa “naturale” si snatura, tanto più che il decantato “stato
naturale” è una mera astrazione e tutto fa presumere che lo stato natura-
le primitivo dell’uomo sia lo stato di civiltà nonché lo stato di scienza, sep-
pure ad un livello più o meno rudimentale. Egli può percepire la natura solo
attraverso la cultura. Per questo l’ambiente è anche natura, ma solo la cultura
ne dà una descrizione esaustiva e la adegua alle esigenze dell’uomo.
In tal senso, nel 1985, la Comunità Europea sull’impatto ambientale
aveva già espresso con un’apposita direttiva una concezione molto ampia
di ambiente. In Italia, nella norma di recepimento della suddetta direttiva,
i fattori ambientali, oltre a contemplare normali componenti - l’atmosfe-
ra, il suolo, la flora, la fauna, ecc. - rilevano sia la salute pubblica che il pae-
saggio inteso sotto l’aspetto morfologico e quello delle identità delle
comunità umane e dei beni culturali.
Inoltre il cosiddetto “danno ambientale”, elaborato con la legge di isti-
tuzione del Ministero dell’Ambiente nel 1986, ha catalizzato una serie di
studi scientifici che hanno recepito, a conferma di una concezione orga-
nica dell’ambiente, oltre che il “danno naturale”, il “danno sociale” e il
“danno estetico-culturale” non meno rilevanti ed importanti del primo,
ma, anzi, di maggiore peso in sede di quantificazione economico-finanzia-
ria dei costi. Dunque non è più concepibile una politica ambientale intri-
sa della retorica sul “ritorno alla natura dell’uomo moderno”, visto il livel-
lo attuale di urbanesimo.
Tale utopica inadeguatezza deriva purtroppo anche dall’equivoco insi-
to nell’ecologia profonda o ecologia deep (il dominio più radicale della cul-
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n
tura ecologica), per cui il benessere e lo sviluppo della vita non umana
possiedono un valore intrinseco, un valore in sé.
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