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compensata dal gran numero di semi prodotti da ogni capsula. Si calcola che
una sola capsula di Dactylorhiza produce fino a 60.000 semi e che una di
Stanhopea addirittura fino ed oltre un milione.
I semi presentano una struttura rudimentale costituita da un schizzo di
embrione carnoso e da un tegumento esterno reticolato. Sono assolutamente
privi di sostanze nutritive di riserva (DEL PRETE, 2009). Per questo il seme
di una orchidea difficilmente riesce a riprodursi se prima non viene invaso
da particolari microfunghi del suolo spesso riconducibili al genere
Rhizoctonia.
E' necessario quindi che si crei una "simbiosi micorrizica" in grado di
consentire l'alimentazione dell'embrione perché incapace di alimentarsi
autonomamente, almeno nelle prime fasi germinative. L'infezione micotica
deve avvenire nelle prime fasi della germinazione; con la penetrazione del
fungo si origina un piccolissimo corpo tuberoide chiamato "protocormo",
che rappresenta il precursore della plantula. Dal protocormo si sviluppano
numerose giovani radichette nella zona mediana mentre dalla parte
superione si forma un piccolo abbozzo che formerà il futuro germoglio.
Appena si formerà la prima fogliolina alla luce del sole la piantina avrà la
possibilità di autoalimentarsi con il processo fotosintetico. Per quanto
riguarda il significato del rapporto fungo-pianta si può dire che ancora oggi
non è stato perfettamente chiarito. Secondo alcuni ricercatori, le "ife" del
fungo sarebbero in grado di solubilizzare polisaccaridi complessi presenti
nel suolo per poi convogliarli nella cellula dell'ospite. Se si tiene conto che
nelle orchidee occorrono mediamente da 3 a 12 anni affinché si ottenga da
un seme una pianta in grado di fiorire, risulta evidente il danno ecologico
che ne deriva allorquando si alterano gli habitat naturali o si asportano con
indifferenza queste singolari piante (SCRUGLI, 2009).
Nella generalità dei casi le orchidee mediterranee sono considerate
geofite; alcuni autori (BOURNÉRIAS & PRAT, 1998, 2005), però, facendo
riferimento al ciclo vegetativo annuale, distinguono due periodi critici,
quello estivo (per l'elevata aridità) e quello invernale (per le basse
temperature). In effetti vi sono orchidee (Epipactis, Limodorum e
Cephalanthera) che dopo il disseccamento estivo, continuano la loro latenza
anche in autunno e inverno, rimandando nella stagione successiva tutta
l'attività vegetativa con l'emersione delle prime foglioline, l'accrescimento,
la fioritura e la fruttificazione. Altre orchidee (Ophrys, Orchis, Anacamptis,
Serapias, ecc.), dopo il disseccamento estivo riprendono a vegetare già in
autunno con l'emersione di foglie basali; con l'abbassamento delle
temperature l'attività si blocca per riprendere in primavera quando, nel
tempo, si concluderanno tutte le successive fasi vitali.
I quaderni di SILVAE.IT – Pagina 13