Page 54 - Supplemento Rassegna 2017-3
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CARLO ALBERTO DALLA CHIESA: LA LOTTA DELL’ARMA ALLA MAFIA
ranze politiche. E lo fa giungendo, attenzione, con la fama di chi ha sconfitto le
Brigate Rosse, quindi circondato da una sorta di carisma nazional-popolare.
Questa sua immagine impensierisce la mafia, costituisce un problema
nuovo, perché sovverte l’abitudine a considerare la mafia un fatto siciliano, di
interesse esclusivamente locale: se lo combatte un uomo o un leader nazional-
popolare non è più un fatto siciliano. Il che alza subito la visibilità del fenome-
no. Va infatti ricorda to che la morte di Mattarella, la morte di La Torre, non
sono stati purtroppo fatti pienamente nazionali, perché non era considerata
nazionale la causa della loro morte. Il balzo di attenzione da parte del Paese rap-
presenta evidentemente un repentino cambiamento di quadro. Per questo
quando egli arriva a Palermo si evoca Mori, per questo si sviluppa quel dibattito
che, per quanto è successo dopo, è stato di fatto un pubblico dibattito sul suo
assassinio durato quattro mesi. Giustamente sono già state ricordate le intervi-
ste a lui ostili. Ma vi è di più: mio padre scrive al Presidente del Consiglio già ad
aprile, per avvertirlo che quelle interviste lui le vive come delle minacce, prove-
nienti dalla “famiglia politica più inquinata del luogo”. Rimettiamo dunque
insieme i tasselli. Leader, leader indipendente con un carisma nazional-popola-
re, e in più una grande conoscenza della mafia. Non arriva cioè un uomo che
ha sconfitto le Brigate Rosse ma non conosce la mafia. L’ha combattuta invece
a Corleone nel ’49-’50, l’ha combattuta a Palermo dal ’66 al ’73 da questa caser-
ma. Torna ora a combatterla con una conoscenza che lo tiene lontano dalla leg-
genda che “ormai la mafia vera sta a Zurigo”; lui, come ripeterà fino alla fine
Falcone, sostiene che il cuore della mafia è a Palermo. Non crede alle favole dei
modernisti. Perciò chiede contemporaneamente che ci sia un’azione incisiva sul
riciclaggio dei capitali a livello nazionale, come spiega anche nell’intervista a
Giorgio Bocca, ma non dimentica le mappe delle genealogie che comandano il
territorio.
Conosce la mafia anche psicologicamente e per questo, mentre tutti giura-
no che sarà impossibile ottenere quello che era stato ottenuto col terrorismo,
perché “figurati se si tradiscono tra parenti”, lui chiede una legge premiale
anche per i mafiosi pochi giorni prima di morire. Lo sbeffeggiano allora, perché
“pensa di portare qui dei modelli di intervento che non hanno nulla a che fare
con la storia della mafia” e invece sono modelli di grande potenzialità, visto che
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