Page 43 - Rassegna 3-2016
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DA’ISH TRA PROPAGANDA E GUERRA DI INFORMAZIONE.
UN’ANALISI DELLE STRATEGIE COMUNICATIVE DEI TERRORISMI NEL XXI SECOLO

affondano in un passato non così recente e possono essere fatte risalire alla fine
degli anni ’90: centrale la figura del giordano Abu Musab al-zarqawi, alias
Ahmed fadeel al-Khalayleh, noto alle Autorità locali per essere un delinquente
abituale. nato a zarqa, ma di origine palestinese, di fede salafita(24), le sue cita-
zioni compaiono su tutti i numeri di Dabiq - rivista ufficiale e tra i più accreditati
strumenti di comunicazione del Califfato - facendone infatti sin dalle prime bat-
tute una sorta di guida spirituale di questo pseudo e proto-Stato.

      Abbracciato il jihad(25), dopo un periodo di detenzione in carcere ove matu-
ra il suo processo di radicalizzazione ed unitosi ai mujaheddin in Afghanistan,

       Tradizionalmente iI Califfo aveva i poteri di un monarca assoluto, inteso però come difen-
       sore della religione e dell’ortodossia, capo della Umma ed arbitro di contese, ma senza pre-
       tese di essere messaggero di Allah; infatti, fatta eccezione per alcune materie, non poteva
       legiferare, essendo il diritto concepito dai musulmani come espressione della volontà divina,
       conoscibile attraverso i testi sacri e la loro interpretazione affidata agli ulema, dottori in
       scienze religiose. Se dalla lettura del Corano, il khalifa designato è Adamo, vicario di Dio sulla
       terra, nessuna indicazione emerge a proposito della nomina di un sostituto di Muhammad;
       la successione al profeta viene però unanimemente avvertita come un bisogno di assicurare
       continuità alla sua opera, senza ovviamente la pretesa di trasmettere la rivelazione, ma piut-
       tosto di tutelare l’unità della Umma.

(24) - e’ un movimento riformista musulmano per un ritorno alla purezza originaria dell’Islam,
       scaturito dal sentimento anticoloniale che permeava buona parte della popolazione in Africa
       settentrionale. fondato dall’iraniano Jamal al Din al Afghani (1838-1897), ha nell’egiziano
       Mohamed Abduh (1849-1905) il suo successore, con una evoluzione nazionalista nel
       Maghreb ad opera del libanese Rashid Rida (1865-1935); entrambi questi ultimi trovarono
       un riferimento fondamentale nella dottrina di Mohamed Abd al Wahab (1703-1792), radical
       ortodossa. Rida, in particolare, sull’onda del salafismo di Abduh, rifiutò il sufismo e si avvi-
       cinò notevolmente al wahhabismo. Il futuro fondatore dei fratelli Musulmani sarà proprio
       un discepolo di Rida, hassan al Banna.

(25) - parola araba che letteralmente significa esercitare il massimo impegno: il significato è tuttavia
       complesso e manca di univocità interpretativa. Di massima, nella tradizione islamica si fa
       riferimento ad un jihad maggiore ed uno minore. Il primo è una tensione sprituale per rag-
       giungere la perfezione, l’impegno che ogni musulmano deve profondere per migliorarsi,
       anche come testimonianza della sua fedeltà ad Allah e fermezza nel realizzare la volontà divi-
       na sulla terra; l’altro implica il concetto di guerra santa – e in quest’ultimo caso, impropria-
       mente perchè jihad in arabo è un termine solo maschile, viene spesso coniugata al femminile
       – che impone al fedele di ribellarsi contro un governo illegittimo o ingiusto. Il jihad minore
       può quindi divenire uno strumento di mobilitazione ma per rispettare i principi e la tradizio-
       ne della religione islamica, deve essere autorizzato da un rappresentante legittimo della
       comunità musulmana: il Califfo. Muhammad fu un esempio unanimemente riconosciuto per-
       ché le esercitò entrambe. Cfr. R. gRITTI, g. AnzeRA, I partigiani di Alì, guerini, 2007.

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