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DA’ISH TRA PROPAGANDA E GUERRA DI INFORMAZIONE.
UN’ANALISI DELLE STRATEGIE COMUNICATIVE DEI TERRORISMI NEL XXI SECOLO

rete considerata, aumenti sino ad oltre il 16%; sensibili incrementi degli ascolti
relativi alla radio, pari anche ad oltre il 10%, si registrarono nel mese di settem-
bre 2001. fu intorno alle stupefacenti immagini del terrore che si incardinò per-
tanto la copertura mediatica dell’attentato, mentre si dimostrarono più deboli
radio e rete, quest’ultima sfruttata, in una fase successiva, soprattutto per la faci-
le fruibilità dei documenti archiviati, il cui costante aggiornamento risultava una
condizione preziosa per sviluppare gli approfondimenti desiderati. Questo fu
anche il leit motiv che confermò il ruolo della carta stampata nel guidare l’opi-
nione pubblica verso una riflessione più attenta sul simbolismo dell’attentato e
sulla necessità di contestualizzarlo attraverso un approfondimento del quadro
geopolitico sotteso che consentisse una interpretazione adeguata; soprattutto,
una risposta concreta al bisogno di razionalizzazione che consentisse di supe-
rare lo shock emotivo.

      Da questa riflessione, quindi, ci si aspetterebbe innanzi tutto anche una
risposta pragmatica ad una domanda piuttosto semplice. nel considerare infatti
come l’attacco terroristico sia stato concepito, organizzato e condotto per otte-
nere la massima spettacolarizzazione dell’orrore, stupendo ed impaurendo,
minacciando ed attraendo, lasciando infine una indelebile memoria di sé, è legit-
timo domandarsi se questa ricerca spasmodica dell’effetto risonanza che attua
Dā‘ish non sia stata ancora una volta alimentata straordinariamente proprio
dalla comunicazione che passa attraverso i tradizionali canali mediali. Sennonché
“la comunicazione fa di più: dà continuamente la parola all’avversario (mentre il fine di
ogni politica bellica è bloccare la propaganda avversaria) e demoralizza i cittadini
delle singole parti nei confronti del proprio governo (mentre Clausewitz ricordava che
“condizione della vittoria è la coesione morale di tutti i combattenti”)(223).

      Ai dubbi atavici che attanagliano, troppo spesso, i responsabili della comu-
nicazione dei media generalisti, a prescindere dalla tipologia, ma evidentemente
con un ruolo di ancor maggiore responsabilità nel caso dei comunicatori televisivi,
la risposta è evitare di fare da cassa di risonanza ai terroristi; un atteggiamento
più responsabile che dovrebbe prevalere sull’esigenza di trasmettere notizie non
contestualizzate.

(223) - Cfr. Umberto eCo, Pensare la guerra, in Id., Cinque scritti morali, Bompiani, Milano,1997, pagg.
        16 e 17.

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