Page 20 - Numero Speciale 2024
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I CARABINIERI DEL 1944 - IL REGNO D’ITALIA



                  Può darsi sia un caso che gli storici citati siano tutti di parte britannica e
             si trovino concordi con Alexander su un punto di vista che appare quello del
             «partner» più debole del binomio, desideroso di attribuire alla propria strategia
             dignità pari a quella vincente. Va detto però che anche uno dei maggiori prota-
             gonisti della campagna d’Italia di parte americana, il generale Clark, nelle sue
             memorie si dichiara favorevole all’«opzione mediterranea», per così dire, non in
             concorrenza con «Overlord», beninteso, ma certamente con «Anvil», soprattut-
             to all’indomani del grande successo conseguito con la liberazione di Roma.
                  «Non  v’era  dubbio  nella  mia  mente,  quel  giorno,  che  avremmo  presto
             distrutto il nemico in Italia e che l’avremmo ricacciato oltre le Alpi, pronti a pro-
             cedere contro qualunque obbiettivo ci avesse attesi... Così le cose non andarono
             tuttavia... Si permise che una campagna, la quale avrebbe potuto mutare fondamen-
             talmente la storia dei rapporti tra il mondo occidentale e la Russia sovietica, sfumas-
             se non nel nulla, ma in assai meno di quello che avrebbe potuto essere... Non sol-
             tanto a mio avviso, ma a parere di numerosi esperti che erano vicini al problema,
             l’indebolimento della campagna d’Italia allo scopo di invadere la Francia meridiona-
             le, invece di spingerci nei Balcani, fu uno degli errori più gravi della guerra ».
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                  L’analisi di Clark è emblematica di quella che Rochat ha definito una «terza
             impostazione ... di compromesso», accanto quelle testé esaminate di Churchill
             e dei vertici statunitensi: è la posizione «dei comandi alleati in Italia, i quali non
             potevano non accettare le decisioni superiori di dare priorità alla campagna di
             Francia, ma neanche si rassegnavano a un ruolo sostanzialmente passivo, di atti-
             vità ridotta o di semplici schermaglie» .
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                  L’imbarazzante  situazione  dei  comandanti  alleati  in  Italia,  americani  o
             inglesi che fossero, emerge chiaramente dalle parole di Clark preoccupato di
             dimostrare che la campagna d’Italia non era in concorrenza con il fronte della
             Francia settentrionale, obiettivo indiscutibile anche in sede storiografica per il
             generale americano, bensì con l’operazione «Anvil» che «ci metteva in un vicolo
             chiuso» e perciò andava eliminata o, almeno, ridotta nelle proporzioni .
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                  Un  ragionamento  che  può  avere  una  sua  logica  in  termini  strettamente
             militari, ma che appare riduttivo: in realtà è evidente che il ruolo della campagna
             d’Italia, e più in generale del Mediterraneo, nell’ambito della strategia complessi-
             va alleata in Europa, non può essere rapportato ad «Anvil» - «Dragoon», ma va
             considerato in relazione a «Overlord». Ci sembra convincente in proposito l’ana-
             lisi di Elena Aga-Rossi quando scrive: «L’obiettivo primario di distruggere la

             16   M.W. Clark, 5  Armata americana, Garzanti, Milano, 1952, p. 360.
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             17   G. Rochat, op. cit., p. 18.
             18   M. W. Clark, op. cit., p. 360.

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