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I CARABINIERI DEL 1944 - IL REGNO D’ITALIA
polemica il dibattito sulla funzione svolta dalla campagna d’Italia nell’ambito della
strategia complessiva alleata in occidente. Morris è ferocemente critico della con-
dotta della guerra degli Alleati in Italia che ritiene dominata, più che in altri settori,
da «compromessi (ed) espedienti», e nella quale si possono riscontrare sia «colpe
dirette, come il meschino perseguimento dell’interesse personale, l’egocentrismo,
la promozione delle carriere e degli avanzamenti...», sia «... peccati di omissione:
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mancanza d’immaginazione, incompetenza, nazionalismi egoistici, pregiudizi» .
Un giudizio durissimo, come si vede, ma forse eccessivo; anche perché
impregnato di un moralismo di fondo che ne inficia in parte la credibilità. In
ogni caso quello che a noi interessa non sono tanto i limiti messi in mostra dai
comandanti militari nella condotta della guerra, riscontrabili in qualunque altro
fronte (non è pensabile che i peggiori comandanti alleati fossero capitati tutti in
Italia), quanto piuttosto la specificità della campagna d’Italia sulla quale Morris
insiste in tutto il suo libro. Tale specificità consisterebbe appunto nella sostan-
ziale inutilità di quella guerra che si manifesterebbe in tutta la sua portata agli
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Alleati all’inizio di giugno 1944, con l’apertura del secondo fronte .
A questa data ormai era chiaro che la guerra sarebbe stata vinta in
Germania, tanto che Marshall aveva proposto l’arresto delle operazioni sulla
linea Pisa-Rimini. Perché dunque continuare a sacrificare inutilmente tanti
uomini? Soltanto per impegnare un certo numero di divisioni tedesche? E,
ancora, di chi è la responsabilità di questa decisione?
Eric Morris la divide in parti uguali fra americani, tra i quali spicca un
Clark «assetato ... di pubblicità», e un governo inglese che riteneva inaccettabile
a
che l’8 armata «restasse ad ammuffire» .
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Montecassino 2001 (Archivio Storico di Montecassino. Biblioteca del Lazio meridionale 3),
pp. 14-25.
** Professore associato, ha insegnato Storia contemporanea e Storia militare presso la Facoltà
di Scienze Politiche, Sociologia, Comunicazione della Sapienza, Università di Roma.
1 Cfr. Eric Morris, La guerra inutile. La campagna d’Italia 1943-1945, Longanesi, Milano, 1993, p.
399; la produzione più importante sull’argomento si era avuta negli anni Settanta e Ottanta ed
era prevalentemente anglosassone cfr. W. G. P. Jackson, La Battaglia d’Italia, Milano, Baldini e
Castoldi, 1970; G. A. Shepperd, La campagna d’Italia. 1943-1945, Milano, Garzanti, 1975, D.
Graham, S. Bidwell, La battaglia d’Italia, Milano, Rizzoli, 1989. Sul ruolo della campagna d’Italia
nell’ambito della strategia alleata in occidente cfr. anche Basil H. Liddell Hart, Storia militare
della seconda guerra mondiale, Milano, Mondadori, 1971, pp. 629 e ss., 735 e ss. e 936 e ss.; P.
Calvocoressi, Guy Wint, Storia della seconda guerra mondiale, Milano, Rizzoli, 1980, pp. 520-521;
John Keegan, Uomini e battaglie della seconda guerra mondiale, Milano, Rizzoli, 1989, pp. 355, 367-
368. Tra le opere italiane a carattere complessivo sull’argomento ci sembra di poter segnalare
a tutt’oggi il solo M. Puddu, Guerra in Italia 1943-1945, Roma, Tipografia Artistica, 1965.
2 Ibid., p. 9.
3 Ibid., p. 400.
4 Ibid., pp. 400-401.
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