Page 16 - Numero Speciale 2024
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I CARABINIERI DEL 1944 - IL REGNO D’ITALIA



             polemica il dibattito sulla funzione svolta dalla campagna d’Italia nell’ambito della
             strategia complessiva alleata in occidente. Morris è ferocemente critico della con-
             dotta della guerra degli Alleati in Italia che ritiene dominata, più che in altri settori,
             da «compromessi (ed) espedienti», e nella quale si possono riscontrare sia «colpe
             dirette, come il meschino perseguimento dell’interesse personale, l’egocentrismo,
             la promozione delle carriere e degli avanzamenti...», sia «... peccati di omissione:
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             mancanza d’immaginazione, incompetenza, nazionalismi egoistici, pregiudizi» .
                  Un giudizio durissimo, come si vede, ma forse eccessivo; anche perché
             impregnato di un moralismo di fondo che ne inficia in parte la credibilità. In
             ogni caso quello che a noi interessa non sono tanto i limiti messi in mostra dai
             comandanti militari nella condotta della guerra, riscontrabili in qualunque altro
             fronte (non è pensabile che i peggiori comandanti alleati fossero capitati tutti in
             Italia), quanto piuttosto la specificità della campagna d’Italia sulla quale Morris
             insiste in tutto il suo libro. Tale specificità consisterebbe appunto nella sostan-
             ziale inutilità di quella guerra che si manifesterebbe in tutta la sua portata agli
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             Alleati all’inizio di giugno 1944, con l’apertura del secondo fronte .
                  A  questa  data  ormai  era  chiaro  che  la  guerra  sarebbe  stata  vinta  in
             Germania, tanto che Marshall aveva proposto l’arresto delle operazioni sulla
             linea  Pisa-Rimini.  Perché  dunque  continuare  a  sacrificare  inutilmente  tanti
             uomini?  Soltanto  per  impegnare  un  certo  numero  di  divisioni  tedesche?  E,
             ancora, di chi è la responsabilità di questa decisione?
                  Eric Morris la divide in parti uguali fra americani, tra i quali spicca un
             Clark «assetato ... di pubblicità», e un governo inglese che riteneva inaccettabile
                   a
             che l’8  armata «restasse ad ammuffire» .
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                  Montecassino 2001 (Archivio Storico di Montecassino. Biblioteca del Lazio meridionale 3),
                  pp. 14-25.
             **   Professore associato, ha insegnato Storia contemporanea e Storia militare presso la Facoltà
                  di Scienze Politiche, Sociologia, Comunicazione della Sapienza, Università di Roma.
             1    Cfr. Eric Morris, La guerra inutile. La campagna d’Italia 1943-1945, Longanesi, Milano, 1993, p.
                  399; la produzione più importante sull’argomento si era avuta negli anni Settanta e Ottanta ed
                  era prevalentemente anglosassone cfr. W. G. P. Jackson, La Battaglia d’Italia, Milano, Baldini e
                  Castoldi, 1970; G. A. Shepperd, La campagna d’Italia. 1943-1945, Milano, Garzanti, 1975, D.
                  Graham, S. Bidwell, La battaglia d’Italia, Milano, Rizzoli, 1989. Sul ruolo della campagna d’Italia
                  nell’ambito della strategia alleata in occidente cfr. anche Basil H. Liddell Hart, Storia militare
                  della seconda guerra mondiale, Milano, Mondadori, 1971, pp. 629 e ss., 735 e ss. e 936 e ss.; P.
                  Calvocoressi, Guy Wint, Storia della seconda guerra mondiale, Milano, Rizzoli, 1980, pp. 520-521;
                  John Keegan, Uomini e battaglie della seconda guerra mondiale, Milano, Rizzoli, 1989, pp. 355, 367-
                  368. Tra le opere italiane a carattere complessivo sull’argomento ci sembra di poter segnalare
                  a tutt’oggi il solo M. Puddu, Guerra in Italia 1943-1945, Roma, Tipografia Artistica, 1965.
             2    Ibid., p. 9.
             3    Ibid., p. 400.
             4    Ibid., pp. 400-401.

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