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I CARABINIERI DEL 1944 - LE RESISTENZE AL REGIME COLLABORAZIONISTA



                  L’attività  partigiana  fu  ovunque  celatamente  favorita;  i  renitenti  furono
             nascosti e messi in salvo; numerose deportazioni furono sventate per la preven-
             tiva opera dei nostri militari [...] tali attività venute a conoscenza delle autorità
             illegali dell’epoca determinarono l’affiancamento di militi della g.n.r. nel servi-
             zio svolto dai militari dell’Arma; ma l’opera umanitaria continuò come prima” .
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                  Un quadro abbastanza chiaro seppure delineato a circa otto anni dagli
             avvenimenti e con una situazione politica completamente diversa.
                  Nella ricostruzione degli avvenimenti si fa più volte menzione del ruolo
             avuto  dal  comandante  della  stazione  di  Cetona,  maresciallo  capo  Fernando
             Moroni, ricordandone i meriti: i militari di quell’Arma non intervennero nelle
             ricerche di un pilota inglese abbattuto nella zona e poi nascosto dai partigiani,
             quindi soccorsero tre ufficiali del Regio Esercito che erano riusciti a lanciarsi dal
             treno  che  li  stava  portando  in  internamento,  riportando  però  gravi  lesioni.
             Dopo un primo soccorso e il successivo ricovero in ospedale, il maresciallo riu-
             scì a nasconderne la presenza ai tedeschi e a farli avviare verso le famiglie resi-
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             denti al Nord travestiti da frati .
                  Forse, sia pure a distanza di tempo, il quadro generale della situazione lo
             chiarisce  proprio  il  comandante  del  Gruppo  di  Siena  dell’epoca,  il  maggiore
             Rodolfo Lazzeri. In particolare, l’ufficiale così ricordava cosa accadde nei giorni
             successivi alla proclamazione dell’armistizio, con i tedeschi presenti a Siena già il
             10 settembre: “i carabinieri della provincia di Siena, con libera elezione, scelsero
             la via del Calvario, cedendo, sia pure con pianto al cuore, al sentimento di dover
             garantire le popolazioni, che nell’Arma vedevano l’unica bandiera della Patria
             ancora spiegata in mezzo a tanto turbinio della tempesta […] i carabinieri resta-
             rono al loro posto di responsabilità anche quando ebbero a subire la dolorosa
             imposizione di vedersi strappare dai berretti i distintivi caratteristici dell’Arma e
             dalle giubbe gli alamari, come appunto avvenne nel capoluogo della Tenenza di
             Chiusi e quando dovettero assistere, col pianto alla gola, al transito dei convogli
             ferroviari trasportanti in Germania i loro commilitoni prelevati dalle legioni di
             Roma. E restarono al loro posto, compatti, uniti affratellati nella stessa fede e da
             un’unica speranza, fino a che non furono traditi dall’alto fino a quando cioè non
             si tentò di far loro indossare la camicia nera, ma allora, di fronte a questo estremo
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             tentativo di attentato alla loro dirittura, disertarono in massa” . Dalle parole del
             comandante  i  Carabinieri  di  Siena  emerge  chiaramente  la  compattezza  dei
             4    ASACC, D125.2, relazione n. 32/16-1950 di prot. Segreto datata 9 luglio 1952 della Legione
                  Territoriale Carabinieri di Firenze - Ufficio Mobilitazione a firma del tenente colonnello
                  Adolfo Vasco.
             5    Ibidem.
             6    ASACC, D125.2, relazione del maggiore Rodolfo Lazzeri datata 16 aprile 1951.

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