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DOTTRINA




                  Il  18  marzo  2015,  a  seguito  di  una  profonda  opera  di  concertazione,
             nasceva presso la Prefettura di Messina il “Protocollo di Legalità Antoci”, un
             testo unico nel suo genere frutto di una scelta di campo dettata da uno spirito
             ben preciso: chiudere la porta in faccia ai mafiosi ed evitare ulteriori infiltrazioni
             nel settore agricolo.
                  È d’uopo infatti ribadire che prima del protocollo svolgeva un ruolo cru-
             ciale l’atto di autocertificazione che interveniva allorché la soglia dei bandi si
             attestava al di sotto dei 150 mila euro, sufficiente per certificare di essere com-
             pliance  con  la  normativa  antimafia.  Solamente  superata  detta  soglia  diveniva
             necessario  possedere  il  certificato  antimafia  rilasciato  dalle  prefetture,  con
             apposita istruttoria ad opera delle Forze dell’ordine. L’art. 3 del protocollo di
             legalità, inoltre, prevedeva il rispetto di un principio cardine ovvero quello che
             gli Enti firmatari, prima di qualsiasi concessione di beni ricadenti nel territorio
             del Parco, avrebbero dovuto chiedere al Prefetto (quale autorità provinciale di
             Pubblica Sicurezza) di verificare la sussistenza o meno di una delle cause di
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             decadenza di cui all’art. 67 del Codice Antimafia , nonché la presenza di even-
             tuali  tentativi  di  infiltrazione  mafiosa  a  norma  dell’art.  91  del  medesimo
             Decreto legislativo. Questa clausola ostacolava l’intromissione di persone legate
             alla criminalità organizzata, impedendogli di partecipare ai bandi per l’affitto dei
             terreni oggetto di contributi comunitari.
                  Il  Protocollo  di  legalità  Antoci,  dopo  essere  stato  adottato  nell’intera
             Sicilia, è stato esteso in tutta Italia confluendo nel nuovo codice antimafia, così
             rivelandosi uno strumento rivoluzionario della lotta alla criminalità organizzata;
             fatti tangibili, questi, che dimostrano che è possibile unire legalità e sviluppo ma
             che vedono l’Onorevole Antoci - già sotto scorta dal 2014 per una serie di
             minacce - finanche vittima di un vile attentato. Un prezzo alto che ha fornito
             una testimonianza di coraggio, un valore aggiunto alla normativa antimafia ita-
             liana che tenta di disarmare chi prova a tenere in ostaggio uno dei posti più belli
             del mondo.
                  I protagonisti di questa vicenda sono uomini coraggiosi che hanno donato
             un contributo fondamentale per cambiare le cose, talora pagando un prezzo
             molto alto e correndo dei pericolosi rischi. A tutti loro, alle Forze dell’Ordine e
             alla Magistratura va il grande plauso della Sicilia onesta, con la consapevolezza
             che le persone perbene che la abitano continuano a riporre unanime e incondi-
             zionata fiducia nelle Istituzioni sane.


             12   D.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 “Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione,
                  nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1
                  e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136”.

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