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             discriminatori. A tal riguardo, nel nostro sistema penale vi è il reato di cui all’art.
             2, legge n. 25 giugno 1993, n. 205, che sanziona le manifestazioni esteriori, suscettibili
             di concreta diffusione, di simboli e rituali dei gruppi o associazioni che propugnano idee discri-
             minatorie o razziste.
                  La giurisprudenza di legittimità ci offre spunti interessanti, ad esempio
             con la sentenza Cassazione penale, sezione III, n. 37390 del 11 ottobre 2007,
             relativa al caso di una bandiera tricolore raffigurante un fascio littorio esposta
             durante una partita di calcio). La Corte ha ritenuto integrato il reato previsto
             dall’art. 2, comma 1, della legge Mancino, motivando come il fascio littorio in
             Italia, sia dalla generalità dei consociati associato al regime fascista, che è stato
             ultimo utilizzatore del simbolo.
                  Ancora, sempre in ordine all’ostentazione di simboli con la valenza pro-
             pagandistica e discriminatoria, in una recentissima pronuncia di questi mesi,
             pubblicata il 25 ottobre 2024 , l’attenzione del giudice di legittimità si è foca-
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             lizzata sulla vicenda di un imputato ritenuto responsabile del reato punito ai
             sensi dell’art. 604-bis, comma primo e terzo, c.p., in relazione al quale si conte-
             stava, nell’imputazione, di aver posto in essere una serie di condotte di propa-
             ganda di idee fondate sulla superiorità e sull’odio razziale o etnico, nonché di
             istigazione  a  commettere  atti  di  discriminazione  per  motivi  razziali,  etnici,
             nazionali o religiosi, con la circostanza aggravante di cui al comma 3 del nega-
             zionismo.
                  La sentenza invero, sancisce come siano condotte di propaganda anche
             quelle di installazione, nel caso di specie, sul cancello di ingresso alla propria
             abitazione, che insiste sulla pubblica via, di un pannello raffigurante un’aquila
             riconducibile a quella del Terzo Reich e a quella rappresentata sullo stemma
             del partito nazionalsocialista tedesco, ai cui lati erano presenti due ulteriori
             pannelli raffiguranti due triangoli, di cui uno capovolto, analoghi a quelli uti-
             lizzati dal regime nazista per identificare, per categorie, i prigionieri ristretti
             nei campi di concentramento. Inoltre, risultava installato anche sul cancello
             pedonale, un ulteriore pannello raffigurante un’aquila riconducibile a quella
             del Terzo Reich e a quello rappresentata nello stemma del partito nazionalso-
             cialista tedesco.
                  I citati simboli, ritenuti univocamente espressione del richiamo a concetti
             di odio, sono stati financo affiancati alla pubblicazione sul profilo social dell’im-
             putato, tra l’altro pubblico, di un’immagine che lo ritraeva nell’atto di effettuare
             il “saluto romano”, oltre alla pubblicazione di video sulla propria pagina di

             13   Cassazione penale, sezione I, sentenza n. 39243 pubblicata il 25 ottobre 2024, in banca dati
                  on line OneLegale.

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