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LA FUNZIONE DEL CONTROLLO INDIPENDENTE DELLA CORTE DEI CONTI
hanno bisogno di credere in “qualcosa” (fede) e di agire in nome di “qualcosa”
(mito). Nel fare questo il Nazionalismo riesce molto meglio del Socialismo.
Il sociologo vede la storia come un succedersi di classi elette. Il ricambio
di queste avviene in senso ondulatorio: una élite che ha raggiunto il suo “picco”
massimo è destinata ad avere un periodo di decadenza. Può accadere che, toc-
cato il limite di questa decadenza, avvenga il ricambio e una nuova élite inizi così
il suo corso. Ma può anche accadere che tale ricambio avvenga quando l’élite
destinata a scomparire non sia in decadenza, o sia in ascesa. Pensiamo a una
rivoluzione improvvisa dove, per mezzo di un colpo di Stato, una nuova mino-
ranza prenda il potere; in questo caso non è detto che la vecchia classe eletta
fosse necessariamente in decadenza.
Sulla morale borghese, Pareto scrisse un opuscolo intitolato Il virtuismo bor-
ghese. Rilevò che in passato era vietato attaccare il sentimento religioso, ma non
era necessario rispettare i tabù della castità. Col proliferare dello stile di vita bor-
ghese, le parti si invertirono; divenne possibile “sbeffeggiare” la religione, ma
guai a rendere pubblico tutto ciò che potesse, anche alla lontana, essere inerente
al sesso. «In realtà [...], la morale che ci vogliono imporre colla legge i virtuisti,
è semplicemente la morale cattolica o protestante». In questo senso il “virtui-
smo” fu il Cattolicesimo della borghesia.
Riguardo al Fascismo va detto che Pareto, morendo nel 1923, poté studia-
re solo la veste movimentista e rivoluzionaria del fenomeno, e i suoi studi a
riguardo furono per lo più comparativi col fenomeno socialista. Sono due gli
elementi del Fascismo che “il solitario di Celigny” captò come peculiari: l’uso
della violenza extra-legale e l’esistenza di un mito il cui nocciolo è nazionalista.
La fede fascista è inferiore a quella socialista, ma ha saputo meglio di quel-
la degli “avversari” risvegliare, attraverso il mito della nazione, la coscienza delle
persone. Il Socialismo, infatti, era spinto da «desideri del pronto godere» e
«combatteva per impadronirsi di cose e posizioni a sé utili». Il Fascismo, invece,
perseguiva un ideale mitico che spingeva la maggior parte dei suoi seguaci
all’azione; azione però controllata e indirizzata da un capo che si prefiggeva una
mèta di grandissimo (e nobilissimo) livello: la conquista del potere centrale.
Le istanze fasciste trionfarono perché portate avanti da uomini che arde-
vano di una fede che mancò ai socialisti.
Dice Pareto: «Siamo giunti ad un punto in cui si scorge, tra le nebbie dell’avvenire,
il principio di trasformazioni della democrazia, del parlamentarismo, del ciclo della plutocra-
zia demagogica (potere dell’alta finanza che per portare a sé consensi fa promesse che sa già
di non poter mantenere), e l’Italia, che già fu madre di tante forme di civiltà, ben potrebbe
avere gran parte nello generarne una nuova» [Libertà, 1923, in Scritti sociologici, p. 1210].
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