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LA FUNZIONE DEL CONTROLLO INDIPENDENTE DELLA CORTE DEI CONTI
Solo agli inizi degli anni Novanta del secolo scorso, in un periodo storico
macchiato da una serie così diffusa di eventi delittuosi, rilevati nell’ambito della
Pubblica Amministrazione dalla Magistratura penale, che finirono per delegitti-
mare una intera classe politica - dalla Democrazia Cristiana al Partito Socialista
Italiano, al Partito Socialdemocratico - si assisterà a un sussulto di pentimento
sul non avere avuto la capacità di anticipare quel sistema dei controlli atti a pre-
venire la malagestio.
Anch’egli aveva un cognome altisonante, identico a quello di chi veniva
considerato ormai, per le capacità espresse, un insuperabile leader. Si chiamava
Giuseppe Carbone (in carica dal 1° settembre 1986 al 31 ottobre 1998).
Usiamo il tempo passato per una ragione che dovrebbe risultare di tutta
evidenza … cioè che si può avere la fortuna di gestire il potere ma esso, come
qualsiasi cosa di questo mondo, va condiviso con altri.
La nomina di Giuseppe Carbone presentava, comunque, due handicaps: la
sua origine professionale, cioè quello di appartenere alla “famiglia” del
Consiglio di Stato; il suo carattere alquanto spigoloso e dalle chiare coloriture
partigianesche.
Queste ultime si dimostrarono subito intendendo egli svolgere, all’interno
del Consiglio di Presidenza (ancora nella composizione antica, cioè formato dai
maggiorenti), un ruolo di guida autoritaria e inflessibile.
Nel suo discorso di insediamento, pronunciato il 22 gennaio 1987,
Carbone fece sfoggio di conoscere l’Istituzione alla cui guida lo aveva nominato
l’allora Capo del Governo, Bettino Craxi.
E ciò non risultò gradito a quanti (ed erano la gran parte), all’interno della
Corte, si erano battuti, sino all’ultimo, per una “scelta casalinga”, quella che si
era conclusa, purtroppo, con il “gran rifiuto” espresso dal giudice costituzionale
Giuseppe Borzellino (Palermo, 26 dicembre 1923-Bologna, 30 dicembre 2000),
cessato da tale carica il 24 luglio 1993, all’età di 64 anni.
3.1. Carbone ritenne di dover sottolineare, in prima battuta, come le pro-
spettive di un giusto riconoscimento della Corte dei conti nel contesto ordina-
mentale del tempo non c’erano e non c’erano mai state dato che «sempre in realtà
era persistita una qualche ambiguità ed indeterminazione sulla sua identità e sulla sua collo-
cazione istituzionale».
E così si attarda a spiegare il pensiero appena espresso: «È sembrato sul principio,
ad una prima e facile lettura, che la Costituzione avesse inteso né più né meno che consolidare nel nuovo
disegno ordinamentale la Corte tal quale l’aveva ricevuta - specchiato organo di controllo e di garanzia
- da una ben rispettabile tradizione storica e da una ben collaudata esperienza istituzionale.
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