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LA CONVENZIONE DI ISTANBUL SULLA VIOLENZA DI GENERE
si basa sulle “quattro P”: prevenzione, protezione, procedimento contro il col-
pevole e politiche integrate.
Nell’ambito della prevenzione la Convenzione impone agli Stati sia obbli-
ghi generali che specifici, tra cui eliminare gli stereotipi, eradicare le consuetu-
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dini e qualsiasi altra pratica che sia basata sull’idea di inferiorità della donna.
In questo senso l’intervento pubblico deve iniziare dall’educazione dei cit-
tadini a partire dai banchi di scuola, inserendo nei programmi didattici l’analisi
dei temi quali: la parità tra i sessi, la risoluzione non violenta dei conflitti. La
lotta alla violenza passa in primis attraverso la conoscenza e l’educazione alla
parità.
Sempre nel tema della formazione, come obbligo specifico, si introduce la
costruzione di nuove figure professionali affinché affianchino sia le vittime che
i perpetratori di atti di violenza.
La Convenzione prevede un approccio organico tra Stato e parti sociali.
Afferma all’art. 17 che nella libertà e indipendenza della stampa e dei mass
media anche questi sono chiamati a partecipare all’attuazione di politiche di pre-
venzione e di rafforzamento del rispetto e della dignità della donna.
Le innovazioni a taglio spiccatamente operativo emergono invece nel
campo della protezione, come obblighi specifici. Tra queste la creazione di
“case rifugio”, in numero sufficiente per offrire un alloggio alle vittime e ai
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loro bambini e linee telefoniche di sostegno attive 24 ore su 24 e in grado di
fornire consulenza, anche nel rispetto dell’anonimato.
Una risposta globale alla violenza non può prescindere dal coinvolgimento
di enti diversi dagli organi dello stato: il II capitolo riguarda proprio la collabo-
razione a cui gli Stati devono tendere nei confronti di ONG e di tutti quei seg-
menti della società civile deputati alla tutela dei diritti umani. Si tratta della
“quarta P”, le politiche integrate, un approccio improntato alla sussidiarietà
anche orizzontale.
Nell’ambito del diritto sostanziale la Convenzione impone agli Stati di isti-
tuire istituti specifici all’interno dell’ordinamento o di penalizzare determinati
comportamenti. Rilevante è per esempio l’art. 34 rubricato come “atti persecutori
(stalking)” , che impone agli Stati ratificatori di penalizzare un comportamento
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7 Art. 13 della Convenzione.
8 Art. 23 della Convenzione.
9 Art. 34 della Convenzione.
10 Nell’ordinamento italiano tale fattispecie è stata introdotta con D.L. 23 febbraio 2009 n. 11
all’art. 612-bis del Codice Penale. Per un ulteriore approfondimento al tema consultare il
numero 1/2021 della Rassegna dell’Arma dei Carabinieri, Violenza domestica: un male dai tanti
volti, il numero 2/2021 della stessa rivista “Codice Rosso (Legge 19 luglio 2019, n. 69)”.
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