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I TANTI VOLTI DELLA VIOLENZA SULLE DONNE




                    A livello sovranazionale viene seguito un approccio integrato “prevenzio-
               ne del crimine - tutela della vittima” che permette di coniugare il momento
               repressivo con la necessità di cogliere e farsi carico dei problemi e delle istanze
               reali delle vittime da tutelare . Per quanto attiene inoltre al concetto di “vulne-
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               rabilità”, inizialmente veniva associato al concetto di “vittimizzazione secondaria”
               infatti, nella Decisione Quadro del 15 marzo 2011 per vittima vulnerabile si
               intendeva “chi per le caratteristiche legate al soggetto (minore o infermo di mente) o al tipo
               di violenza ha subito un trauma in conseguenza del reato e rischia di essere indotta alla c.d.
               “vittimizzazione secondaria”, ovvero al patimento di un nuovo trauma indotto dal processo
               e connesso alla riedizione del ricordo”. Successivamente, invece, a seguito dell’attua-
               zione della Direttiva 2012/29/UE per mezzo del D. Lgs. 15 dicembre 2015, n.
               212, il concetto di “vulnerabilità” è stato ampliato. La Direttiva ha introdotto, tra
               le tante modifiche, l’art. 90-quater c.p.p. che definisce la Condizione di particolare
               vulnerabilità e recita: «Agli effetti delle disposizioni del presente codice, la condizione di par-
               ticolare vulnerabilità della persona offesa è desunta, oltre che dall’età e dallo stato di infermità
               o di deficienza psichica, dal tipo di reato, dalle modalità e circostanze del fatto per cui si pro-
               cede. Per la valutazione della condizione si tiene conto se il fatto risulta commesso con violenza
               alla persona o con odio razziale, se è riconducibile ad ambiti di criminalità organizzata o di
               terrorismo, anche internazionale, o di tratta degli esseri umani, se si caratterizza per finalità
               di discriminazione, e se la persona offesa è affettivamente, psicologicamente o economicamente
               dipendente dall’autore del reato».
                    In base a tale dettame normativo, la condizione di particolare vulnerabilità
               non è qualcosa di permanente, ma transitoria e situazionale, connessa alla situa-
               zione reato patito; inoltre la valutazione della stessa deve essere fatta caso per
               caso  sulla  base  dei  criteri  (soggettivi  ed  oggettivi)  indicati  nell’art.  90-quater
               c.p.p. La vulnerabilità può quindi dipendere da diverse variabili: dalle caratteri-
               stiche personali della vittima (età, stato di infermità o di deficienza psichica); dal
               tipo del reato, modalità e circostanze del fatto ed infine dalla relazione autore-
               vittima. Queste dimensioni possono anche sovrapporsi, basti pensare alla vio-
               lenza di genere o ai delitti sessuali commessi ai danni di minori o ai maltratta-
               menti in famiglia.
                    Considerata la condizione di particolare vulnerabilità in cui versano tali
               soggetti, il d.lgs. 212/2015, modificando il comma 1-ter dell’art. 351 c.p.p., ha
               esteso,  anche  agli  adulti,  una  maggior  tutela  nel  momento  dell’escussione  a
               sommarie  informazioni,  già  prevista  per  i  minori  dalla  Convenzione  di
               Lanzarote, in Italia ratificata in Legge n.172/2012, prevedendo l’ausilio di un
               esperto in psicologia.
               62 Cavallo M. (a cura di), (2012), Le mille facce dell’ascolto del minore, Armando ed.

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