Page 97 - Rassegna 2023-4
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MENTALITÀ MAFIOSA:
                     LA ‘NDRANGHETA COME FENOMENO ANTROPOLOGICO, SOCIALE E PSICOLOGICO




                    Al fine di capire come la ‘ndrangheta sia riuscita ad incunearsi nel tessuto
               sociale locale, si deve inquadrare il contesto antropologico nel quale il fenomeno
               mafioso è nato e descrivere il comportamento ed i pensieri della popolazione
               che vive nell’entroterra calabrese o lungo le coste ionica e tirrenica.
                    Sembra assurdo ma per capire la mentalità ‘ndranghetista si deve risalire
               addirittura allo studio della mentalità dei pastori e dei pescatori greci, in cui era
               predominante  il  senso  del  possesso  e  del  territorio,  caratteristiche  che  vengono
               riscontrate nel sentire ‘ndranghetistico .
                                                (17)
                    Possesso inteso come unità della famiglia, dal quale poi nasce il concetto
               di “clan”, che continua al giorno d’oggi a mantenere intatti riti magici e credenze
               religiose, sempre più diffuse nei riti di affiliazione.
                    Un esempio di tale caratteristica è l’omicidio di Duisburg, dove nel famoso
               ristorante venne scoperta una sala allestita secondo l’antico rituale.
                    Il territorio, invece, viene considerato nello stesso modo in cui lo consi-
               deravano quei pescatori e pastori che insediavano la regione calabrese secoli fa;
               territorio inteso come fonte di profitto ma allo stesso tempo come mezzo di
               controllo della popolazione. I più potenti boss di ‘ndrangheta non hanno mai
               abbandonato il territorio natio, nonostante i più ricchi flussi commerciali si tro-
               vassero al di fuori della Calabria. Questo comportamento rappresenta un pro-
               filo psicologico ben delineato: il boss non abbandona il territorio, a costo di
               anni di latitanza, in modo da dimostrare il potere alla popolazione, la costante
               presenza, che agisce nelle viscere del tessuto sociale, manovrando miliardi di
               euro e gestendo centinaia e centinaia di affiliati da un bunker di pochi metri
               quadrati.
                    In tale contesto diviene fondamentale l’analisi delle espressioni propagan-
               distiche e strumentali, come quando vengono catturati i boss dopo anni di lati-
               tanza. Dopo l’arresto già si è trovato il sostituto e tali personaggi vengono con-
               siderati come veri e propri eroi e, a testimonianza di ciò, sono i gruppi di per-
               sone che dopo la cattura si radunano nei pressi del luogo dell’arresto per applau-
               dirlo. La repressione sembra l’arma principale al fine di combattere la ‘ndran-
               gheta, ma oltre a questo è essenziale un lavoro parallelo di sensibilizzazione nei
               confronti della cittadinanza, incentivando le nuove generazioni verso un’educa-
               zione civica che a volte, in determinate zone, sembra essere sostituita da quella
               mentalità mafiosa che distrugge e plagia le menti delle persone.
                    Se  tra  conteso  mafioso  (famiglia  e  socializzazione  primaria)  e  contesto
               sociale (scuola e ogni luogo dove si esplica la vita sociale e lavorativa durante la
               socializzazione secondaria) esistesse un netto distacco, in modo che ogni impulso
               (17)  Prof. Sergio Angileri, psicologo psicoterapeuta.

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